Stati UE e Covid_19. Pensare fuori dagli schemi, prima che sia troppo tardi

«È giunto il momento di pensare fuori dagli schemi e di mettere da parte i dogmi che possono essere appropriati in tempi normali, ma non quando ci troviamo di fronte a una crisi»[1] come quella attuale.
È l’invito di Paul De Grauwe, economista belga, professore presso la London School of Economics e autore di numerosi saggi che si occupano di Unione Europea. Da tempo fautore della creazione di un’Unione di tipo fiscale che completi quella monetaria, in un suo recente intervento (scritto e sottoforma di webinar), pubblicato dal Centre for European Policy Studies, de Grauwe ha descritto la crisi del Covid19 come uno shock negativo simmetrico «di straordinaria intensità», in grado di coinvolgere sia la domanda sia l’offerta, dunque «suscettibile di innescare numerosi ‘effetti domino’» tra gli Stati membri dell’UE[2]; soprattutto se non si avranno coraggio e saggezza a sufficienza per comprendere, «prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa» e superare «vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente» – come ha rilevato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo ultimo discorso al Paese.

#Cos’è?
Shock simmetrico: uno shock che colpisce nella stessa direzione e nello stesso modo tutte le regioni o i settori industriali presi in considerazione.

Mancanza di solidarietà europea?

«Extraordinary times require extraordinary action (Situazioni straordinarie richiedono azioni eccezionali)»: un ritornello che è stato ripetuto in più occasioni e da diverse personalità tanto a livello dei singoli Stati, quanto europeo. Eppure, forse, invece dell’ (o insieme all’) eccezionalità, basterebbe “semplicemente” decidere di attuare concretamente ed efficacementeperlomeno nel comune interesse e per Realpolitikquel principio di solidarietà enunciato dall’articolo 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e richiamato non solo dal presidente Mattarella, ma anche dall’ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, che il 28 marzo scorso, ha ammonito: «Il clima che sembra prevalere tra i capi di Stato e di Governo e la mancanza di solidarietà europea stanno mettendo l’Unione Europea in pericolo di vita»[3].
Una solidarietà che non si può dire sia mancata su altri fronti legati alla gestione a breve termine dell’emergenza – per inciso, mi si permetta di notare come espressioni di solidarietà simili si siano registrate anche da parte dei cosiddetti “Stati terzi”; quindi, qual è il plus che caratterizza i nostri partner europei?
È lecito, ora, chiedersi cosa accadrà nel lungo periodo, quando la vita riprenderà e ci troveremo tutti a far fronte ai contraccolpi – nella prospettiva pessimistica prevalente[4] – economici e sociali (possibile chiusura di imprese e aziende, disoccupazione, malcontento e scontri sociali, rinnovata, ricomparsa di rivalità e pregiudizi che si pensavano sopiti…) che deriveranno da questa crisi.

Crisi è ancora = Opportunità?

Ci è stato insegnato e abbiamo finora creduto che l’Unione Europea potesse costruirsi sulle ceneri delle crisi che, di volta in volta, si sarebbe trovata ad affrontare – Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), nel corso di un web meeting organizzato dalla rivista AffarInternazionali, ha parlato al riguardo di «un leitmotiv» che ha sinora accompagnato «il progetto europeo»[5]. Ancora risuonano le note parole che il ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, pronunziò il 9 maggio di 70 anni fa dal Salone dell’Orologio del Quai d’Orsay: «L’Europa non potrà farsi in un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto»[6].
Crisi corrisponderà a opportunità anche questa volta? Gli Stati membri saranno ancora in grado di trasformare lo shock, che stanno tutti – con le differenze del caso – vivendo, in impulso positivo ad andare avanti nel processo di costruzione dell’Europa unita, oppure no?

Multilateralismo e integrazione vs. logiche di potenza

Il virus – lo ha evidenziato bene la Tocci –, si è innestato in un contesto già fortemente compromesso, caratterizzato dalla messa in discussione da più parti del sistema multilaterale come noi europei (e occidentali) siamo stati abituati a concepirlo – ossia, «come un bene, un qualcosa» in grado di portare pace mondiale, crescita economica e sociale, sicurezza e progresso tecnologico – e dal ritorno in auge di logiche di potenza, sovranismi e nazional-populismi. Già prima dello scoppio della pandemia ci si chiedeva se fosse in questione la soluzione multilaterale (nel Vecchio continente, quella dell’integrazione) in sé o se la contestazione riguardasse piuttosto le insufficienze delle istituzioni che la incarnano[7].
Forse, quando l’emergenza sarà finita, saremo in grado di replicare a questo interrogativo.
Forse, allora, si comprenderà che la risposta alle «sfide [come quella attuale] che travalicano i confini nazionali»[8] è “più Unione”, dunque l’approfondimento e il rafforzamento dell’integrazione europea e dei meccanismi di governance comuni; oppure ci ritroveremo costretti a riconsiderare la scelta a favore dell’ordine mondiale multilaterale liberale[9], fatta all’indomani del Secondo conflitto mondiale; o, ancora, giungeremo alla conclusione che, come recita un vecchio brocardo latino, in medio stat virtus, ossia la virtù sta nel mezzo.
Tutto dipenderà, è evidente, dalle reazioni che l’UE o, meglio, i leader dei suoi Stati membri avranno il coraggio e saranno in grado di mettere in campo insieme. Può darsi che i risultati delle elezioni europee del maggio scorso, con la sconfitta(?) dei partiti euroscettici, avranno fatto tirare un sospiro di sollievo e dormire sonni tranquilli ai più. La battaglia – quella contro il sovranismo e il nazionalismo, così come contro il virus –, però, non si è ancora conclusa e, forse, è il caso di svegliarsi dal torpore in cui si è caduti e cercare di tornare e guardare alla realtà con rinnovata lungimiranza e progettualità.


[1] Cfr. De Grauwe, P., “ECB needs to finance coronavirus budget deficits”, in CEPS, 21.3.2020 e Dichiarazione del presidente Mattarella sull’emergenza Coronavirus, Palazzo del Quirinale, 27.3.2020.
[2] De Grauwe, P., cit.
[3] «Le climat qui semble régner entre les chefs d’État et de gouvernement et le manque de solidarité européenne font courir un danger mortel à l’Union Européenne» (de Ravinel, S., “Le manque de solidarité est un «danger mortel» pour l’Europe, selon Jacques Delors”, in Le Figaro, 28.3.2020). Pirozzi, N., “Un vaccino per l’Europa politica”, in Huffpost, 16.3.2020.
[4] Gli esperti hanno fatto diverse supposizioni sul post-emergenza Covid19. È certo che l’economia globale andrà incontro a una recessione. Tuttavia, non vi è accordo per quel che concerne la ripresa; alcuni ipotizzano una ripresa lenta e accompagnata da stagnazione (per chi parla “grafichese”, una curva a U); altri sperano in una ripresa più immediata (con la forma di una V). A tal proposito, si legga il contributo pubblicato da Forbes, basato sul documento COVID-19: Implications for business, realizzato dalla società di consulenza McKinsey; come pure l’articolo di La Repubblica, che riporta le stime di Standard&Poors e di Morgan Stanley sull’Eurozona e sull’Italia.
[5] Tocci, N., “International Order and the European Project in Times of COVID19”, in Istituto Affari Internazionali (IAI), 20.3.2020.
[6] Dichiarazione Schuman, 9.5.1950.
[7] Cfr. Il discorso del Presidente della Repubblica all’ISPI Forum, 3.10.2019.
[8] Osservatorio Germania-Italia-Europa – OGIE, Carta programmatica, 2009.
[9] Nelli Feroci, F., “The Future of the EU: Scenarios for the Start of the New Legislature”, in Istituto Affari Internazionali (IAI), 21.11.2019.

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