Oggi, 9 Maggio 2020, ricorre l’anniversario della Dichiarazione Schuman, che segnò l’avvio del processo di integrazione europea.
L’allora Ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, insieme a Jean Monnet, consigliere economico del Governo francese[1], propose, rivolgendosi con un invito aperto alla Repubblica Federale Tedesca ed a tutti i Paesi dell’Europa occidentale intenzionati ad aderirvi, di sottoporre al controllo di una Autorità sovranazionale totalmente indipendente dagli Stati stessi la produzione del carbone e dell’acciaio di tali Paesi.
L’idea di fondo era impedire lo scoppio di nuovi conflitti e inaugurare una stagione di cooperazione tra gli Stati europei.
L’integrazione doveva essere pensata in modo tale da creare una progressiva convergenza di interessi tra i Paesi europei, tale da giungere, alla fine, a una integrazione politica.
Tale processo, pertanto, trovò nel funzionalismo e nella gradualità i suoi paradigmi.
Emblematiche, in tal senso, furono le parole di Schuman quando affermò che:
«L’Europa non avrebbe potuto farsi in una sola volta, né sarebbe stata costruita tutta insieme; essa sarebbe sorta da realizzazioni concrete che avrebbero creato anzitutto una solidarietà̀ di fatto»[2].
Il contesto politico della Dichiarazione
Nel 1950, gli Stati europei cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima.
Determinati ad impedire il ripetersi di un simile conflitto, i Governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman –
«non solo impensabile, ma materialmente impossibile»[3].
La Dichiarazione si collocò in una fase storica nella quale gli stessi Stati Uniti furono favorevoli all’avvio di questo processo.
Essi non consideravano più l’Europa occidentale una mera espressione geografica, ma parte essenziale del nuovo ordine mondiale, oltre che una importante alleata nel nascente bipolarismo.
Lo scopo
Lo scopo principale alla base della Dichiarazione era il superamento della rivalità storica tra Francia e Germania. Riprendendo il paradigma di un’integrazione di tipo funzionalista[4], essa proponeva la creazione di una Organizzazione sovranazionale in materia economico-commerciale.
Il documento dimostrava quanto nel pensiero di Schuman e Monnet fosse importante avviare forme di integrazione in specifici settori, al fine di garantire la costruzione della pace tra gli Stati europei.
Questo auspicio di pace e integrazione tra Paesi non cadde nel vuoto, infatti il Cancelliere tedesco Konrad Adenauer replicò con una nota positiva, cosi come fecero i Governi di Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
A seguito della Dichiarazione Schuman, il 18 Aprile 1951 i sei Stati fondatori dell’attuale UE firmarono il Trattato di Parigi[5] con cui fu istituita la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), ovvero la prima istituzione europea sovranazionale che sancì l’inizio del processo di integrazione europea; un processo, questo, che avrebbe condotto a quella che oggi conosciamo come Unione Europea.
La lungimiranza della Dichiarazione
La Dichiarazione Schuman ha costituito un punto di svolta nella storia delle relazioni tra gli Stati europei, rappresentando un primo passo verso un’Europa più unita.
Mettendo in comune interessi economici, così come auspicato nella Dichiarazione, si rafforzò lo spirito di cooperazione e solidarietà tra i Paesi europei.
L’avvio di una cooperazione tra Stati membri garantì un maggiore benessere e un innalzamento dei livelli di qualità della vita di tali paesi .
La lungimiranza di pensiero di Schuman gli è valso l’appellativo di “Padre dell’Europa”.
Appellativo conferitogli dal Parlamento Europeo al termine del suo mandato come Presidente nel 1960.
È in suo onore ed in memoria della Dichiarazione che il 9 Maggio è stata istituita la “Festa dell’Europa”.[6]
Mai come quest’anno, tutti noi dovremmo soffermarci e riflettere su tale ricorrenza e sull’importanza di sentirci ed essere europei.
Tutti noi dovremmo rilanciare, quei valori che Robert Schuman, Jean Monnet, Konrad Adenauer e Alcide de Gasperi misero in campo per donare alle successive generazioni un futuro migliore.
Noi componenti dell’OGIE l’abbiamo fatto con il nostro Manifesto.