In data 28 gennaio 2021 si è svolto Strategic Dialogues: UE-USA, da dove ripartire? Un evento con cui la rivista Formiche.net, in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Konrad-Adenauer-Stiftung (KAS), ha inaugurato il progetto Strategic Dialogues. Lo scorso 20 gennaio, Joe Biden e Kamala Harris si sono insediati alla Casa Bianca. Sorge spontanea la domanda su cosa dovremo aspettarci noi europei e su quali saranno le conseguenze nelle relazioni transatlantiche.
Obiettivi
È proprio questo l’obiettivo del ciclo di incontri virtuali Strategic Dialogues: «studiare e capire la nuova fase apertasi a Washington per comprendere come e quale ruolo possano giocare Italia e Germania (in Europa) nell’era Biden», così Francesco Bechis (Formiche.net), moderatore dell’incontro.
I relatori intervenuti
Ospiti di questo primo appuntamento sono stati l’on. Lia Quartapelle, deputata e capogruppo PD in Commissione Affari esteri alla Camera dei deputati, e l’on. Jürgen Hardt, deputato al Bundestag e portavoce per la Politica estera del Gruppo parlamentare CDU/CSU.
Presente anche il direttore della Rappresentanza in Italia della KAS, Nino Galetti, che ha ribadito la mission della fondazione in Italia, ovvero analizzare, capire e approfondire le relazioni politiche tra Italia e Germania, anche attraverso l’organizzazione di incontri e seminari volti allo scambio di idee. «Oggi vogliamo occuparci della discussione sulla nuova amministrazione Biden: cosa deve aspettarsi l’UE? Quali sono le aspettative in Germania? Quali in Italia?». Comprendere, dunque, come due Paesi alleati come l’Italia e la Germania possano ritrovare e valorizzare la loro sintonia e le loro relazioni in questa nuova fase apertasi con il loro principale alleato, gli USA.
Il dialogo
Proprio partendo dall’intervento del direttore Galetti, Francesco Bechis ha chiesto ai due relatori quale ruolo intenderanno giocare Italia, Germania e l’Unione Europea (UE) con l’apertura del nuovo corso inaugurato il 20 gennaio scorso e cosa potrebbe cambiare nelle relazioni con l’alleato transatlantico.
Medio Oriente e Africa del Nord
L’on. Quartapelle ha portato subito all’attenzione dei partecipanti la notizia di un’importante decisione presa dal neo-presidente statunitense: la sospensione temporanea della vendita di armi verso Emirati Arabi ed Arabia Saudita. Un gesto di una certa rilevanza (anche per l’Italia).
Le relazioni degli USA con l’Arabia Saudita e gli Emirati sono da sempre di tipo strategico, ma il fatto che Biden abbia voluto rivedere la politica di esportazioni di armi autorizzata dall’ ex presidente Donald Trump è indicativo di quanto la sua amministrazione voglia prendere le distanze da quella che l’ha preceduta, modificando profondamente alcuni degli aspetti più disturbanti delle sue politiche, partendo dalle relazioni con il Medio Oriente e anche con l’Africa del Nord.
Trump e il sostegno all’asse emiratino-saudita-egiziano
Da sempre la politica del predecessore di Biden è stata spesa a sostenere un solo asse reazionario sunnita, quello emiratino-saudita-egiziano, ritenuto il migliore per garantire la stabilità di quell’area. L’onorevole ha ricordato, al riguardo, come Trump si riferisse al presidente egiziano indicandolo come «il [suo] dittatore preferito», nonché le molte iniziative rivolte a favorire l’asse emiratino-saudita-egiziano: basti pensare all’uscita dagli accordi per il nucleare iraniano o agli Accordi di Abramo, sottoscritti da Israele ed Emirati Arabi. A essi è seguita una dichiarazione degli Stati Uniti, che auspica il perseguimento di una visione di pace, di sicurezza e di prosperità nel Medio Oriente. Di contro, Quartapelle ha sottolineato come, nelle contese tra i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, la posizione europea, e, in particolare, quella italiana, sia sempre stata quella di mantenere buone relazioni con entrambe le parti.
L’opinione italiana
L’on. Quartapelle ha dunque affermato che sarà interessante capire se l’Unione Europea riuscirà a essere più equilibrata e compatta nel dialogo con gli Stati Uniti, dal momento che, con gli squilibri degli ultimi quattro anni, ogni Stato membro dell’UE si è mosso in ordine sparso. Si vedrà se la posizione europea cambierà e come nei confronti del Medio Oriente. Certo è che l’Europa dovrà imparare a risolvere i problemi presenti al suo interno, decidendo come relazionarsi con i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord.
Il punto di vista tedesco
Interessante è anche l’opinione e il punto di vista tedeschi, dei quali si è fatto portavoce l’on. Hardt. Accennando a un colloquio avuto con l’ambasciatore israeliano in Germania, il deputato al Bundestag ha evidenziato come sia emerso a livello regionale un grande desiderio di partecipare a tutto ciò che riguarda una soluzione a lungo termine con l’Iran. In particolare, si auspica che, nei prossimi tre mesi, USA e UE sviluppino una strategia efficace per risolvere la questione iraniana.
Biden è diverso da Trump, ma non è la soluzione a tutti i mali!
Nel prosieguo del dialogo, l’on. Quartapelle ha tenuto a precisare che sarebbe ingenuo pensare che Biden sia la soluzione a tutti i problemi, alcuni dei quali presenti sul tavolo fin dalla presidenza Obama. Certo Biden è un presidente più europeo rispetto a Trump. Soprattutto, Biden è più aperto al dialogo, dunque sarà più facile discutere tali problematiche.
Una definizione – quella di un Biden “più europeo” – avallata anche dall’on. Hardt, Questi ha aggiunto che, a differenza del suo predecessore, il nuovo presidente USA non solo conosce bene l’Europa, ma sa anche molto bene che politici intelligenti troveranno sempre una base comune, nonostante le posizioni siano diverse. Per questo motivo, USA e UE riusciranno, sulla base della reciprocità, a raggiungere degli accordi tra loro, anche e soprattutto per quelle questioni già presenti sul tavolo da tempo.
Non si potrà, però, pensare che i problemi del passato spariranno del tutto, ha chiarito l’on. Quartapelle. Solo per citare due delle questioni presenti sul tavolo: le spese militari e il fatto che l’amministrazione americana abbia fatto presente già con Obama quanto sia sempre più accentuata la rivalità sistemica con la Cina, legata alla questione strategica (e non solo).
La Cina
È proprio sulla problematica cinese che l’Onorevole si è sentita di giudicare «azzardata ed affrettata» la scelta da parte dell’Unione Europea di sottoscrivere un accordo commerciale con la Cina pochi giorni prima dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca; soprattutto per il fatto che il neo presidente è un uomo volto al dialogo.
Un giudizio condiviso anche dall’on. Hardt, che ha ribadito che forse si sarebbe dovuto aspettare un po’ a procedere con gli accordi commerciali con la Cina, così da avere un confronto con gli USA all’indomani dell’insediamento di Biden. Ciononostante i fautori dell’accordo ritengono che l’obiettivo di quest’ultimo sia spingere la Cina a rispettare gli accordi e le regole internazionali.
Cina: area di conflitto nelle relazioni transatlantiche
La Cina, ha aggiunto il deputato del Bundestag, continuerà a essere un’area di conflitto nelle relazioni transatlantiche. I tedeschi hanno un forte impegno nei confronti dell’economia cinese. Non è un segreto che la Volkswagen abbia raggiunto un profitto sul mercato cinese. Se si decideranno delle strategie comuni con gli USA nei confronti della Cina, in particolare per quanto riguarda il rispetto del commercio leale, le contromisure di quest’ultima colpiranno soprattutto la Germania e l’Europa piuttosto che gli USA. Questo è il tallone di Achille dei tedeschi e degli europei. Per questo l’on. Hardt ha auspicato lo sviluppo di una strategia che crei un connubio tra politica ed economia.
Ancora Cina
Proprio la Cina è stata oggetto del secondo giro di domande. Riferendosi a «settori sensibili come quello dell’intelligenza artificiale e del 5G– per cui gli USA chiedono di compiere una scelta a favore delle tecnologie occidentali –», Bechis ha notato come «il metodo di Trump [fosse] quello dell’aut aut. È molto probabile – ha aggiunto – che l’approccio di Biden non sia così diverso. Dunque, quale scelta compiere?».
L’on Quartapelle ha ricordato che, fin dall’insediamento del governo Conte, uno dei primi decreti emanati fosse proprio rivolto alla sicurezza delle infrastrutture delle telecomunicazioni italiane da appropriazioni ostili (hostile takeovers) da parte di potenze straniere. La scelta, «naturale e necessaria», è sicuramente a favore delle tecnologie occidentali.
Il modello cinese
Tuttavia, ciò che segna a oggi e segnerà in futuro la distanza e la differenza con la Cina ha a che fare con un punto di vista strategico e sistemico. Il modello cinese “996”, ovvero il lavoro dalle 9 alle 9 per sei giorni la settimana senza diritti, non è compatibile e accettabile per le democrazie europee e statunitense. Pensare di riuscire a cambiare il modello seguito dalla Cina solamente tramite la stipula di accordi è velleitario. Si è sempre pensato che il capitalismo avrebbe portato automaticamente la democrazia. Ora si vede come una forma fortemente estrattiva e autoritaria di capitalismo, in realtà, funzioni meglio sul mercato e senza sviluppi democratici. Una grande questione da sciogliere. Non sarà di certo lo sviluppo economico a risolvere le contraddizioni.
Cina e Germania
In Germania la questione sul rapporto con la Cina è molto calda, non soltanto per la presenza di investitori cinesi in settori strategici dell’economia tedesca. Nel Bundestag e all’interno della CDU, infatti, a generare divisione è la questione dei rapporti con il governo cinese. Dove si può quindi segnare veramente una distanza rispetto alla Cina?
Convincere la Cina ad accettare una linea comune
Quando si tratta di conquistare mercati (come nel caso delle tecnologie di comunicazione), la Cina fa ampio uso del dumping. Di certo non si può parlare di concorrenza leale. Se si riuscisse a dotare l’Organizzazione mondiale del commercio di poteri e capacità tali da definire le linee di base della concorrenza leale, si offrirebbe una tutela alle persone. Se l’UE riuscisse a convincere la Cina della necessità di accettare in qualche modo questa linea comune, a quel punto si potrebbero intensificare i rapporti commerciali e proseguire per quella via. Questo il pensiero dell’On. Hardt, il quale ha fatto emergere la sua preoccupazione legata al fatto che non tutti gli Stati membri dell’UE firmeranno le linee guida sui rapporti Cina-UE; orientamenti che rappresenterebbero un’ottima base anche per i negoziati americani.
Domande dal pubblico: la Russia
Avviandosi verso la conclusione dell’incontro, il moderatore ha riportato una domanda posta da un ascoltatore, legata alle relazioni statunitensi con la Russia, all’indomani dell’insediamento della nuova amministrazione e con riferimento al caso Navalny. Biden si è mosso in modo molto chiaro fin da subito. Chi pensava che il principio della non ingerenza avesse la preminenza, si è dovuto ricredere, visto che gli USA si sono espressi per quanto concerne i diritti umani e considerata anche la telefonata tra Biden e Putin, nella quale Biden ha espresso la sua grande preoccupazione per la situazione dell’attivista avvelenato.
L’on. Quartapelle ha affermato che certamente il vento è cambiato perché Biden può permettersi di non essere ambiguo (a differenza del suo predecessore e dei suoi rapporti con la Russia). Tuttavia, ha aggiunto l’onorevole, non ci si può più fermare alle dichiarazioni a sostegno di Navalny, bisogna mettere in campo delle sanzioni, delle contromisure. Questo vale sia per gli Stati Uniti, sia per l’Europa.
L’on. Hardt ha sottolineato che Germania ed Europa hanno messo in atto contromisure nei confronti della Russia, irrispettosa del diritto internazionale negli ambiti del diritto umano e di quello delle armi. Nonostante le sanzioni siano molto pesanti, Putin ha risposto con contromisure altrettanto pesanti, come quelle legate all’embargo imposto nei confronti dell’importazione di frutta dai paesi UE.
Domande dal pubblico: il clima
L’ultima questione trattata è stata quella del clima. Il neo presidente – a differenza del suo predecessore che riteneva la questione climatica effimera – è voluto subito rientrare negli Accordi di Parigi. Si è trattato di un messaggio chiaro per l’Europa, che si trova a rivolgere il 37% delle risorse del Recovery Fund proprio alle politiche climatiche. Un tema, quindi, da considerarsi prioritario sia per Stati Uniti, sia per Unione Europea, che devono collaborare appieno, secondo le parole dell’on. Quartapelle. Raggiungere gli obbiettivi di Parigi è il più grande compito dell’umanità nel XXI secolo, ha affermato l’on. Hardt, che reputa la questione climatica una grande minaccia alla base di molti conflitti (si vedano quelli africani nati a causa della siccità).
La necessità, per l’UE, di “diventare adulta”
L’on. Quartapelle ha evidenziato un aspetto particolarmente caro a noi componenti dell’Osservatorio e che vogliamo sottolineare: gli Stati membri dell’UE dovranno imparare a risolvere da soli e in maniera compatta le problematiche sorte, senza seguire gli Stati Uniti o andando in ordine sparso. Bisognerà «fare un esame di coscienza e diventare adulti».
1 comment
Articolo molto interessante. L’Europa ce la farà? Solo se troverà una sua unità politica!