Il tramonto del cancellierato Merkel e il contemporaneo sviluppo dell’esperienza Draghi offrono l’occasione per una riflessione sui rapporti italo-tedeschi, sulla partnership (o “special relationship”1) tra i due paesi, e sul futuro della leadership europea nell’epoca post-Merkel.
Italia e Germania, fautori e promotori del processo d’integrazione europeo, vivono ad oggi un rapporto di natura ambivalente: ad una forte integrazione degli apparati produttivi fa da contraltare una sistemica difficoltà nel superare stereotipati motivi e rappresentazioni culturali che, inquinando il dibattito politico, finiscono spesso per causare attriti e tensioni superflue.
L’ambito economico è quello dov’è forse maggiormente apprezzabile la collaborazione italo-tedesca. Con un interscambio di circa 120 miliardi di euro (127,7 mld nel 2019, pari alla somma dell’interscambio dell’Italia con Francia e Spagna), la Germania costituisce il primo partner commerciale per l’Italia a livello mondiale, superando anche Cina e Stati Uniti. L’Italia, d’altro canto, costituisce nel 2019 il sesto fornitore e il sesto cliente per la Germania. Non solo: gli import per l’Italia ammontano nell’anno di riferimento a circa 70 miliardi di euro, cui corrispondono esportazioni per 60 miliardi. In altre parole, dall’interscambio commerciale profittano tanto l’Italia, quanto la Germania in maniera analoga. Si delinea così un evidente quadro di interdipendenza, ancor più che integrazione. Un asse de facto, dunque, determinato dalla complementarietà degli impianti manufatturieri dei due paesi nella costruzione delle catene globali del valore, esplicata inter alia dalla dipendenza dell’industria tedesca dai macchinari e dai semilavorati italiani, specie nel settore automotivo2.
Osservare le relazioni economiche italo-tedesche significa anzitutto constatare l’esistenza di vaste collaborazioni in ambito manifatturiero, straordinari rapporti commerciali, eccellenza logistica e integrazione finanziaria. Eppure, di quest’infrastruttura dal bilancio nettamente positivo si trova scarsamente traccia nel dibattito politico e nella rappresentazione mediatica. Le ragioni sono molteplici, due quelle fondamentali: la natura prevalentemente regionale degli scambi, interessanti per lo più il sud della Germania e il nord dell’Italia; e la natura privatistica e merceologica dell’interscambio. A quest’ultimo proposito, si tratta di settori in cui l’influenza della regolamentazione statale e l’ingerenza politica hanno natura più limitata, ossia i macrosettori alimentare, automotive, dell’arredamento e dell’abbigliamento, la cui advocacy ha minore impatto sul dibattito pubblico e la cui regolamentazione è sempre più delegata alle istituzioni comunitarie.
A dispetto dunque dell’esistenza di un’evidente simbiosi economica, di un patrimonio comune di scambi tutelati da una rete istituzionale che vede nella BDI tedesca e nella Confindustria italiana due attori di primo piano, l’attenzione mediatica (come anche il dibattito politico) tende ad orientarsi piuttosto sulla preponderanza economica, e dunque politica, della Germania nell’Unione, limitando l’attenzione diretta ai mutui benefici dell’interazione commerciale. Il dibattito è cioè dominato dai contrasti in materia politico-economica, dalla percezione di un crescente divario tra le economie italiana e tedesca e donde dalla narrazione critica di un’UE “germanizzata”3.
La narrazione di una Germania egemone, che impone sull’Unione e, per tramite di questa, sull’Italia riforme sgradite è d’altronde assorto a topos del dibattito pubblico nostrano. Quest’animosità quasi anti-tedesca si spiega in parte guardando alla storia del paese: la Bundesrepublik nasce e cresce legata ai meccanismi d’integrazione europea, come parte di un percorso di riabilitazione della Germania nell’Occidente, una sorta di “pegno culturale”4. Così, le cancellerie tedesche si sono trovate – e si trovano – a dover effettuare una sintesi tra la domanda politica interna e quella dell’Unione intera5. La leadership tedesca ricopre pertanto una posizione scomoda: è sì “indispensabile”, ma anche “vulnerabile”, “riluttante”6. Qualunque pretesa si discosti dalla pura tutela degli interessi comunitari, a difesa di proposte e richieste nazionali, viene facilmente tacciata di nazionalismo; analogamente, il sospetto che la tutela degli interessi comunitari celi il perseguimento di quelli nazionali alimenta una certa circospezione anti-tedesca diffusasi in Italia specie a partire dai primi anni Duemila, attribuendo alla Germania l’imposizione di gravosi limitazioni della spesa pubblica italiana7.
Il superamento di queste difficoltà, il riconoscimento del ruolo delle percezioni e delle narrazioni reciproche, mediante l’identificazione di un terreno politico comune per la convergenza degli interessi è cruciale per il rafforzamento – e la sopravvivenza – dell’Unione, come anche per il completamento del suo percorso d’integrazione. Germania e Italia, insieme motore manufatturiero dell’Europa, possono trovare nella crisi pandemica l’occasione per accelerare l’impegno verso obiettivi comuni, come quelli concernenti la doppia transizione ecologica e digitale, all’insegna anche di una maggiore integrazione – e un maggior rafforzamento – delle economie italiana e tedesca. Questa la linea auspicata dal Presidente Draghi, cui l’uscente Cancelliera Merkel avrebbe simbolicamente passato il testimone della leadership europea8.
A rafforzare l’interrogativo circa la possibilità che Mario Draghi possa divenire “una nuova Merkel” per l’Europa9 si colloca anche il quantomeno apparente dispiegarsi di un maggiore spazio di manovra per Roma derivante dalla fine del cancellierato Merkel, come anche in vista delle imminenti elezioni francesi. È appunto in un’ottica di “vuoti di potere” che è inquadrabile l’adozione del cd. Trattato del Quirinale, stipulato dai governi francese e italiano in novembre.
Quantunque il Trattato, memore dei Trattati dell’Eliseo e di Aquisgrana e volto al rafforzamento del coordinamento italo-francese10, anche in considerazione del negoziato sull’interpretazione del Patto di stabilità del 2022, sia stato recepito dalla stampa tedesca con un certo timore circa il rafforzamento di un asse Roma-Parigi a scapito della più “austera” Berlino11, è altamente improbabile che quest’ultima venga alienata dai governi firmatari. Al contrario, specie per l’Italia, che nell’amicizia con la Germania trova anche una garanzia per il proprio debito, il Trattato rappresenta semmai un’occasione per promuovere una ancor più intensa collaborazione con il nuovo governo Scholz12.
Concludendo, la partnership italo-tedesca poggia su basi economicamente solide, ma politicamente paradossali. Il tramonto dell’era Merkel e l’avvio dell’esperienza di governo Scholz offrono all’Italia l’occasione per un rafforzamento della propria leadership nell’Unione, il che significa anche opportunità per perseguire una politica di cooperazione e integrazione tra i due paesi non solo economico-finanziaria ma anche, se non specialmente, politico-culturale.
1 Come affermato, inter alia, da Sergio Mattarella in visita a Berlino nel 2015 e come poi ribadito da Frank-Walter Steinmeier a Roma nel 2019.
2 Per i dati, cfr.: A. Carli: Germania primo partner commerciale dell’Italia, interscambio nel 2019 oltre 127 miliardi, ilsole24ore.com
Per l’integrazione dei settori manufatturieri, cfr.: M. Girardo: Italia, Germania e ruolo di Draghi, avvenire.it; come anche: F. Niglia, B. Romano, F. Valeri: Italia e Germania. L’intesa necessaria (per l’Europa), Bollati Boringhieri, 2021.
3 Si rimanda, emblematicamente, a una celebre affermazione di Matteo Renzi in occasione dell’inaugurazione del semestre di presidenza italiana della UE, riportata in L. Reitani: Germania europea. Europa tedesca, Salerno Editrice: “L’Europa non è dei banchieri tedeschi, ma dei cittadini europei”.
4 Cfr. C. L. Traniello, M. Scotto, F. Zilio: Le ragioni del dialogo tra Italia e Germania, Vigoni Paper n.0/2020
5 “La Germania starà bene solo se starà bene anche l’Europa”, come ricordava Angela Merkel nel suo discorso al Bundestag nell’aprile 2021.
6 Cfr. ancora: L. Traniello, M. Scotto, F. Zillo: ivi.
7 Cfr. anche: M. Karnitschnig: What Merkel wants, politico.eu
8 Così è stata ampiamente letta la visita di congedo della Cancelliera in ottobre a Roma. Cfr. a titolo esemplificativo: M. P. Mazza: Merkel: «Abbiamo bisogno di un’Italia forte: Draghi ha fatto passi importanti», open.online
9 Cfr. O. Meiler: Ist er Europas neuer Merkel?, derbund.ch
10 Cfr. R. Alcaro: The Italy–France Treaty is an Example of Wise Diplomacy, iai.it
11 Cfr. B. Romano: Trattato del Quirinale – Le reazioni della stampa tedesca, tra sufficienza e preoccupazione, ilsole24ore.com
12 Cfr. qui R. Alcaro: ivi, ma anche: Il Trattato del Quirinale, utopialab.it
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