Papa Francesco: una comunicazione etica!

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Nella lunga intervista a Papa Francesco, pubblicata dal settimanale belga “Tertio” lo scorso 7 dicembre, uno dei temi affrontati dal Pontefice è quello della responsabilità degli operatori della comunicazione che influenzano le opinioni e l’educazione del pubblico contribuendo alla formazione della società.

Tuttavia, accade spesso che i valori veicolati dai media siano negativi – il Papa, nell’intervista fa esplicito riferimento alla calunnia, alla diffamazione e alla disinformazione. Si tratta solo di alcuni dei numerosi problemi etici della “comunicazione di massa”, quella del nostro tempo; quella che tende ad alimentare la mercificazione dell’informazione, rispondente alla logica economica della domanda e dell’offerta; quella che rende la cultura semplice intrattenimento; quella che, attraverso una “overdose comunicativa” che inibisce la coscienza storica e critica del pubblico, diffonde una cultura del presente, suscitando al contempo l’illusione di poter accedere a una “cultura superiore”, che, in realtà, viene svuotata della sua ideologia dai mezzi di comunicazione di massa.

Il Santo Padre, invece, suggerisce di coltivare la cosiddetta “etica della comunicazione” che va oltre la semplice deontologia dei professionisti della comunicazione: occupandosi, infatti, dei principi morali che intervengono nell’agire comunicativo, motiva gli operatori ad assumere comportamenti che rispettino questi precetti.

Il filosofo e sociologo tedesco Jürgen  Habermas sottolinea che non si tratta solo di comunicare, ma di un vero e proprio agire umano in cui si condivide qualcosa di importante. Habermas afferma che, per realizzare una comunicazione che sia realmente etica, vi è la necessità di un duplice impegno: la responsabilità dell’emittente nei confronti dei contenuti che veicola, delle modalità di trasmissione e della sensibilità del pubblico a cui si rivolge; e la responsabilità dei destinatari nello sviluppare una coscienza critica ed analitica da applicare ai prodotti mediatici. Non è sufficiente trasmettere e ricevere un’informazione, bisogna creare uno spazio comune e consapevole fra comunicatori e pubblico – come implica l’etimologia del termine comunicare (dal latino “communico” “rendere partecipe, mettere in comune“) – per realizzare una comunicazione etica.

Forse una soluzione al problema etico della comunicazione mosso dal Santo Padre in questa intervista si può ritrovare nel saggio “Apocalittici e Integrati” di Umberto Eco, in cui l’autore sottolinea la neutralità dei mezzi di comunicazione che possono assumere valore positivo o negativo in base all’uso che ne viene fatto. Per questo, i detentori della cosiddetta “cultura superiore” dovrebbero – a parere del famoso semiologo italiano – assumere il controllo dei media fornendo una comunicazione etica e di qualità, ponendosi non solo come interpreti delle esigenze dei fruitori, ma anche nell’ottica di un rapporto dialettico proprio di una cultura democratica.

I mezzi di comunicazione, quindi, non dovrebbero favorire una visione passiva e acritica del mondo, ma, incoraggiando il pubblico a essere curioso e a porsi delle domande, contribuire alla formazione di cittadini coscienti, consapevoli, capaci di compiere scelte responsabili per gli individui e per la società, scelte etiche, civiche e politiche. Le democrazie, per salvare se stesse, necessitano di cittadini informati, sufficientemente colti, dotati di una salda moralità. Ciò può realizzarsi solo investendo il denaro pubblico nella formazione e nei media che per molti costituiscono le uniche fonti di crescita, sviluppo e informazione.

Diversi studiosi della cultura di massa e lo stesso Papa Francesco hanno messo in luce le difficoltà della comunicazione attuale e hanno proposto varie e valide soluzioni, che attualmente, però, sembrano non aver avuto grande successo. In questo momento possiamo solo confidare in un’inversione di rotta nel medio o lungo periodo da parte della politica e degli Stati democratici.

A cura di
Federica Giosi

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