L’anno elettorale 2017: il pericolo di una deriva populista

Nel corso di quest’anno l’Unione Europea sarà chiamata a fare i conti con il rischio derivante dall’affermazione politica dei partiti populisti e antieuropei e delle destre xenofobe.

Già nel mese di dicembre 2016, gli austriaci erano stati chiamati al voto per eleggere un nuovo presidente. In aprile, al primo turno, era risultato vincitore il leader del partito di estrema destra FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs, Partito della libertà austriaco), Norbert Hofer. Dopo la denuncia di irregolarità in occasione del ballottaggio tenutosi il 22 maggio tra lo stesso Hofer, e il leader dei Verdi, Alexander Van der Bellen, – la Corte Costituzionale austriaca aveva infatti annullato la votazione e richiamato gli austriaci al voto a fine anno. Il 4 dicembre, l’esito delle urne sanciva in via definitiva – con il 53,3% dei voti a favore – la vittoria del partito dei Verdi e dell’europeista Van der Bellen.

Anche in Romania – dopo il governo tecnico di Dacian Julien Cioloș, già Commissario all’Agricoltura dell’Ue -, nel dicembre scorso si sono svolte le elezioni politiche che hanno visto fronteggiarsi il blocco dei partiti nazionalisti contro i partiti europeisti. A spuntarla, al termine di una dura campagna elettorale è stato il Partito Socialdemocratico.

In precedenza, l’ondata populista, nazionalista, xenofoba e contraria all’Unione europa aveva portato al potere in Bulgaria e Moldova i partiti filorussi.

Il prossimo 15 marzo in Olanda la sfida vedrà fronteggiarsi Mark Rutte, conservatore e Primo Ministro in carica e Geert Wilders, leader populista, euroscettico e antislamico dall’altro, il quale ha proposto nel suo programma l’uscita del suo Paese dall’Ue.

I Francesi saranno chiamati alle urne il prossimo 23 aprile e 7 maggio. L’uscita di scena di Hollande e la mancata partecipazione alla competizione elettorale dell’ex presidente Sarkozy, potrebbero portare al ballottaggio Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra e nazionalista Front National.

Nell’autunno 2017, infine, saranno i Tedeschi a votare per il rinnovo del Bundestag. Il candidato naturale è ancora la Cancelliera Angela Merkel (CDU), che punta a ricoprire il prestigioso incarico per la quarta volta, forte dei sondaggi che la vedono in testa con il 55% delle preferenze degli elettori intervistati. Tuttavia, nel suo discorso di candidatura, la Cancelliera ha dichiarato che “questa elezione sarà difficile come nessun’altra prima dalla riunificazione tedesca”.

Tale affermazione trae fondamento dal mutato scenario politico tedesco avvenuto negli ultimi anni, con l’ascesa del partito di estrema destra AfD  (Alternative für Deutchland) guidato da Frauke Petry. AfD propugna il ritorno alla sovranità dei Parlamenti nazionali, l’uscita graduale dall’euro, se necessario “l’uso delle armi da parte della polizia di frontiera per fronteggiare gli ingressi illegali dei migranti” ed una serie di misure protezionistiche in tema di politica economica.

Dopo l’attacco terroristico del 19 dicembre 2016 al mercatino di Natale di Breitscheidplatz a Berlino, tale formazione era data dai sondaggisti al 15%, numeri moltiplicati sfruttando anche i sentimenti provocati dall’eccidio e le accuse rivolte nei confronti della Cancelliera Merkel rea – a dire della stessa Frauke Petry – di non avere chiuso i confini ed espulso da tempo migranti irregolari e richiedenti asilo senza permesso di soggiorno.

Dal 2013 – anno della sua formazione – ad oggi, l’AfD ha raccolto i consensi dei sostenitori dei partiti di destra nonché degli elettori stanchi delle politiche dei partiti istituzionali tradizionali. Un’eventuale conferma di tali proiezioni alle prossime elezioni politiche comporterebbe l’ingresso nel Parlamento tedesco, per la prima volta dopo la caduta del nazismo, di un partito di estrema destra.

La preoccupazione maggiore nei mesi che precedono le elezioni politiche tedesche potrebbe essere l’inasprimento della dialettica politica, in relazione soprattutto alle tematiche sui flussi ed accoglienza dei migranti, con conseguente rottura degli equilibri sociali del Paese, da sempre attento a salvaguardare la libertà e la pacifica convivenza di molteplici e differenti culture.

A cura di
Simona Coi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like
LEGGI

Zwischen Schock und Aufbruchstimmung: Deutschland nach der Wahl

Halten wir fest: Die Große Koalition in Deutschland wurde abgewählt. Ihre Protagonisten, die Union, d.h. die CDU von Bundeskanzlerin Angela Merkel und ihre bayerische Schwesterpartei CSU, und die Sozialdemokraten von Kanzlerkandidat Martin Schulz gehen mit historisch schlechten Ergebnissen aus den Bundestagswahlen hervor: Die Union kommt auf 32,9% und verliert 8,6% im Vergleich zu 2013, die SPD holt 20,5 % (-5,2).
LEGGI
LEGGI

German Days of Fate. Who will follow Angela Merkel as the leader of Germany’s CDU?

When exactly did the end of Angela Merkel as a partisan leader begin? Was it the 24th of September? This momentous day of the last German federal elections which Merkel’s CDU (Christlich Demokratische Union) numerically won but actually lost decisively: 32,9 % was the ominous number which stands for the worst election result of the Christian-democrats since 1949.
LEGGI
Ragazzi dietro una scrivania che parlano
LEGGI

Workshop: Perché non possiamo non dirci europei (I)

Il 5 marzo 2019, presso l’Aula 5 della sede LUMSA di Piazza delle Vaschette, si è svolto il primo dei tre workshop del ciclo Perché non possiamo non dirci europei. Attraverso questa serie di incontri – organizzati in collaborazione con la Libera Università Maria Ss. Assunta (LUMSA) e la Rappresentanza in Italia della Konrad-Adenauer-Stiftung (KAS) – l’Osservatorio Germania-Italia-Europa (OGIE) si propone di ragionare sul significato e sulle motivazioni storiche e culturali tanto del processo di integrazione, quanto e soprattutto del nostro essere europei; il tutto nel tentativo di comprendere le cause poste alla base della crisi potenzialmente disgregatrice che l’Unione sta vivendo e rilanciare i temi dell’integrazione, anche in vista delle elezioni europee che vedranno coinvolti in prima persona i cittadini dei 27 Stati membri dell’UE.
LEGGI