Lo scorso 6 aprile, presso L’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, si è tenuto il seminario “Cittadini e scienza come strumento per rafforzare la Democrazia” organizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nel quadro del semestre di Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
All’incontro – moderato dalla Dott.ssa Enrica Battifoglia, giornalista scientifica responsabile del canale Scienza & Tecnica ANSA – ha portato i suoi saluti istituzionali la Prof.ssa Antonella Polimeni, Magnifica Rettrice dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Il seminario si è aperto con gli interventi introduttivi di spiccate personalità: Maria Cristina Messa, Ministro, Ministero dell’Università e della Ricerca; Benedetto Della Vedova, Sottosegretario, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ferruccio Resta, Presidente, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.
I relatori dell’incontro sono stati: Telmo Pievani, Filosofo della scienza; Francesco Sette, Direttore Generale, European Synchrotron Facility; Patrick Levy, Board, European University Association; Pegi Pavletić, Executive Committee, European Students’ Union; Massimiano Bucchi, Scientific Committee, Observa-Science in society; Matjaž Gruden, CoE-DG Democracy, Directorate of democratic participation e Riccardo Haupt, Head of Strategy, Will Media. Le suddette personalità si sono confrontate su diversi temi, quali la comunicazione della scienza, i valori fondamentali dell’istruzione superiore, nonché la dimensione sociale e l’inclusività dell’istruzione superiore e della scienza, ed ancora etica, trasparenza e integrità dell’istruzione e della ricerca.
La Dott.ssa Enrica Battifoglia ha sottolineato che “Scienza” significa creatività, innovazione e democrazia. Nel suo intervento ha ribadito, inoltre, quanto sia importante ricordare i valori della scienza nella società, soprattutto in momenti complessi come quello che stiamo vivendo. Successivamente, ha evidenziato come le relazioni internazionali stiano cambiando, spesso in modo drammatico, e ha avviato una più ampia riflessione su come l’informazione sia in mutamento, nonché sulle modalità che dovrebbero caratterizzare la comunicazione su questioni scientifiche.
Il Ministro Maria Cristina Messa ha sottolineato come il Consiglio d’Europa abbia posto attenzione alla scienza, all’istruzione e all’educazione come elementi essenziali per lo sviluppo di una cultura democratica e, nello specifico, della relazione tra scienza e cittadini. Sono necessari nuovo metodi per rafforzare il coinvolgimento pubblico a partire dai più giovani. Oggi, più che in passato, occorre essere istruiti ed educati, anche attraverso una medesima base culturale, per aiutare i cittadini a definire un’identità comune. Ci sono molte sfide che stanno testando la capacità dei cittadini di adattarsi ai cambiamenti attuali, basti pensare alle crisi climatiche, all’emergenza di conflitti internazionali, la biodiversità ecc. Al riguardo, la Dottoressa ha ricordato come il futuro dei giovani dipenda unicamente dal loro modo di affrontare le questioni pressanti della quotidianità.
D’altra parte, come il Ministro ricordava nel suo discorso, se si rafforzasse il ruolo della scienza per guidare le scelte dei governi e per investire nel capitale umano si darebbe nuova linfa vitale alla democrazia. I cittadini devono poter credere nei valori della scienza e, dunque, vi è la necessità di una nuova generazione di scienziati che siano anche abili comunicatori. La Dott.ssa ha poi sottolineato quanto sia fondamentale far capire che grazie alle capacità e competenze raggiunte in aree come l’informatica avanzata, la ricerca spaziale e aerospaziale, sarà possibile fare enormi passi avanti.
“Soltanto la democrazia sana può permetterci di affrontare queste sfide così difficili. Le future generazioni devono raggiungere i loro sogni e aspettative, bisogna guardare al futuro in modo positivo”.
In seguito, ha preso la parola il sottosegretario Benedetto Della Vedova, il quale ha parlato dell’importanza della cooperazione a livello internazionale e del dialogo. L’Italia ha lanciato, a questo proposito, un programma per realizzare uno scambio proficuo tra Stati membri e società, per rinforzare l’impegno rispetto ai principi e ai valori riconosciuti in seno al Consiglio d’Europa: scienziati e accademici devono essere visti come alleati.
Si è poi discusso di diritto alla scienza, quale facente parte della categoria dei diritti umani. È proprio grazie alla scienza che si è riusciti a sviluppare i vaccini contro il Covid-19 – e ciò dimostra come essa possa fungere da ausilio per il contrasto del pregiudizio e della discriminazione e come costituisca un enorme potenziale per promuovere la protezione e il godimento pieno dei diritti umani. In tale prospettiva, l’ONU ha ricordato agli Stati membri i loro obblighi rispetto al diritto alla scienza, che abbraccia non solo il diritto di ricevere benefici dell’applicazione della scienza, ma anche quello di partecipare al progresso scientifico attraverso un’impostazione multidisciplinare e inclusiva che possa garantire un risultato sostenibile. Occorre quindi mantenere un dialogo tra Consiglio d’Europa, comunità scientifica accademica e Università, per una società più aperta.
Successivamente il Dott. Ferruccio Resta ha aperto il suo intervento affermando “sostenibilità, inclusione, transizione ecologica, big data, cambiamento climatico sono solo alcune delle grandi tematiche che il mondo deve affrontare, temi che in un modo o nell’altro stiamo affrontando, in cui scienza e tecnologia giocano un ruolo fondamentale”. Questi temi però non riguardano solo la scienza e la ricerca, non si limitano all’ambito delle università e dei laboratori, ma stanno dando forma a politiche sociali e a progressi economici, diventando parte della vita quotidiana, modificando i rapporti e le modalità di pensiero delle persone. La complessità rappresenta il punto in questione, è la sfida dei nostri tempi. Come si fa a gestirla? Il Dott. Resta evidenzia quanto sia fondamentale una base scientifica solida. L’importanza dell’introdurre un processo culturale, un cambiamento dove scienza e tecnologia possano aumentare di pari passo con le scienze umane in una modalità multidisciplinare complessa. La comunicazione scientifica deve dunque essere veloce ed efficace per impadronirsi di nuovi linguaggi e, quindi, per esprimere i propri valori e far aumentare la propria credibilità.
Successivamente, il relatore Telmo Pievani ha evidenziato come la pandemia e i cambiamenti climatici siano stati uno shock per la comunicazione scientifica.
Mai come oggi gli scienziati sono stati protagonisti degli eventi mediatici, nei social media e, di conseguenza, l’opinione pubblica ha dovuto familiarizzare con i volti dei ricercatori che ogni giorno hanno commentato la situazione pandemica offrendo dati, prove e testimonianze. La comunicazione della scienza deve essere affrontata con atteggiamento scientifico. I sondaggi, gestiti da aziende specializzate nel monitoraggio delle opinioni, hanno rivelato che in Italia la fiducia nella comunità scientifica è alta, ma la capacità di comunicazione degli scienziati è diminuita tra il primo e il secondo lockdown. La causa di questa perdita di fiducia e di attendibilità sta proprio nei messaggi contraddittori che sono stati trasmessi durante la pandemia.
La condizione straordinaria che i cittadini hanno vissuto certamente non giustifica gli errori commessi dalla comunità scientifica nell’approccio comunicativo; vero è che la scienza ha cercato di fornire delle sicurezze, ma quest’ultima naviga per sua natura nell’incertezza e i risultati vengono ottenuti lentamente, con duro lavoro.
Ci si aspetta che la scienza possa fornire delle previsioni esatte, ma difficilmente essa riesce a raggiungere tale fine. Al centro della questione vi è proprio la difficoltà degli scienziati nell’ammettere di non conoscere.
La scienza deve essere compresa non solo come prodotto (dati, prove, cifre ecc) ma anche e soprattutto come processo, atteggiamento e metodo di indagine basato sulla revisione e l’aggiornamento delle prove; processo per costruire una cittadinanza scientifica, che possa spiegare più efficacemente i risultati raggiunti e come si ottenga un dato scientifico, sempre ammettendo l’impossibilità di conoscere tutto poiché la scienza è una sfida verso l’ignoto.
Secondo il Dott. Pievani la parte più affascinante è proprio la Serendipità, una positiva ignoranza, la consapevolezza di non sapere abbastanza che stimola la curiosità e la ricerca di quella cosa che non si sapeva di ricercare. Come afferma la storica della scienza Naomi Oreskes “bisogna avere la fiducia nella scienza perché la scienza fallisce” e, man mano che progredisce, i punti interrogativi non diminuiscono, aumentano.
Diffondere l’idea che la scienza sia un processo ci aiuterà a combattere il fenomeno della proliferazione delle fake news; quelle sul web hanno una nicchia perfetta perché si basano sulla sfiducia nelle istituzioni, e sono realizzate allo scopo di diventare un virus, un’infezione del cervello, ma quando minacciano la salute delle persone devono risultare perseguibili anche a livello giuridico.
Il Professor Francesco Sette ha posto l’attenzione sulla complessità attuale che si sta vivendo, dove la scienza può avere un ruolo importantissimo, e per sostenerla occorre avere strutture e persone di grandi capacità. Ha pertanto sottolineato l’importanza delle giovani generazioni, dei legami intergenerazionali e di come spesso si abbia l’impressione che la società vada troppo in fretta. Occorre ricordare che i giovani rappresentano il futuro ed è quindi necessario un nuovo sistema per poter fare scienza con al centro i giovani.
La scienza attualmente è per lo più finanziata dai contribuenti pubblici, perciò vi è una responsabilità nei loro confronti e bisogna capire che i valori devono essere condivisi per contribuire ad una reale crescita.
In seguito a questi interventi si è dato il via alla tavola rotonda che ha visto numerosi interventi da parte di diverse personalità.
Il relatore Patrick Levy ha parlato delle crisi militari attualmente presenti nel panorama internazionale, delle conseguenze nel mondo del lavoro e come per esempio la situazione in Ucraina abbia dimostrato il ruolo che le Università possono svolgere per promuovere una cooperazione pacifica.
A questo proposito è intervenuta anche la relatrice Pegi Pavletić – membro del comitato di selezione per l’agenzia di qualificazione ucraina – che ha parlato con i rappresentanti degli studenti nei Paesi di guerra fornendo loro supporto e sottolineando l’importanza della voce degli studenti.
Successivamente il Dott. Massimiano Bucchi ha parlato della sfida principale che, a suo parere, consiste nel cambiamento degli attori chiave della comunicazione scientifica che non sono più i social, ma i ricercatori e le loro istituzioni. Questo fenomeno non è iniziato con la pandemia, ma con lo sviluppo del panorama tecnologico, che ha reso disponibili strumenti online per gli istituti di ricerca.
I ricercatori, in diversi contesti, hanno potuto parlare direttamente con il pubblico, talvolta sbagliando. Sicuramente uno dei problemi può essere individuato nella qualità dell’informazione. Occorre quindi una formazione nella comunicazione della scienza, lavorando insieme agli scienziati. La questione non concerne solo la comunicazione, ma anche il parlare, è quindi un processo biunivoco per cui non si può continuare a pensare che le persone siano indietro e non interessate; “le persone sono interessate eccome e non sono ignoranti”.
A questo punto è intervenuto Matjaž Gruden, il quale ha affermato che l’importanza della scienza, della conoscenza, della ricerca, della creatività e dell’innovazione emerge con chiarezza se si guarda al modo ostile con cui le dittature tentano di sopprimere tali valori, strumentalizzandoli e contenendo le libertà individuali e collettive; ne consegue, come contraltare, che essi siano invece fondamentali per lo sviluppo di una democrazia.
Sin dagli albori dell’odierna società civile e del modello europeo che si è costituito dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, si è tentato di costruire un sistema di valori che fosse in antitesi con quello precedente e che si discostasse dagli errori del passato. In questa prospettiva, si è dato rilievo alla rivoluzione della scienza, al ruolo della conoscenza, ad un nuovo illuminismo che valorizzasse anche la dimensione individuale dei diritti della persona. Proprio in questo contesto, è stata approvata la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e gli Stati hanno iniziato a cooperare all’interno del Consiglio d’Europa e nelle altre Istituzioni create a livello comunitario. I medesimi vertici politici che avevano vissuto le tragedie della guerra mondiale, dunque, in quel tempo stavano contribuendo in maniera incisiva a sviluppare l’odierno modello europeo.
Valorizzare il ruolo dell’istruzione, in tal senso, contribuisce a sviluppare un senso di affidamento nei confronti della scienza; obiettivo, questo, che certamente non potrebbe essere raggiunto senza il contributo delle Università.
L’importanza di ristabilire la fiducia nei confronti della scienza emerge con maggior vigore se si riflette sulla circostanza per cui – contrariamente a quanto spesso si possa pensare – i cittadini non sono del tutto disinteressati agli accadimenti sociali, tuttavia una parte di essi tende a rifiutare, quasi aprioristicamente, il ruolo e i contenuti della scienza. Tale assunto rimarca l’esistenza di un problema sociale e la necessità di un suo superamento, attraverso soluzioni concrete che affrontino le cause alla radice di tale fenomeno.
In ultima analisi è intervenuto, da remoto, il relatore Riccardo Haupt – rappresentante di Will Media – sostenendo quanto sia necessario inserire la complessità nel mondo dei social. L’azienda di cui fa parte ha studiato come i follower sono stati interessati al conflitto russo-ucraino odierno. Vi è stata un’enorme attenzione da parte delle nuove generazioni e forse è il primo conflitto europeo ad essere affrontato dai social e vissuto dalla generazione Z. Il relatore ha fatto notare come tra i primi 8-10 giorni del conflitto si sia verificato un interesse fortissimo, che poi è svanito. In questo momento sta crollando l’interesse perché la guerra, nella società moderna, ha la capacità di diventare quasi noiosa. È complesso mantenere l’attenzione delle nuove generazioni per un tempo più prolungato e in questo senso i social media hanno un enorme potenziale.
In seguito, sono avvenuti diversi interventi e sono state poste domande dal pubblico in aula, basti pensare l’intervento dell’Ambasciatore della Macedonia del Nord, Andrea Silvestri, che ha posto l’attenzione sulla questione dei politici come promotori della scienza. È stata poi rivolta una domanda circa gli strumenti da utilizzare nel futuro per rinforzare la relazione tra scienza e società, alla quale il Dott. Bucchi ha risposto sostenendo che la promozione di un’istruzione di più alto livello è essenziale per poter valutare la qualità dell’informazione.
L’incontro si è concluso con alcune prospettive future; per poter concretamente colmare il gap tra cittadini e scienza, la principale soluzione proposta è considerare la scienza come un vero diritto umano, da garantire a tutti e da integrare nell’educazione dei giovani, in quanto rappresentanti del nostro futuro.
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