Un risultato scontato quello del referendum costituzionale in Italia – questo è quanto hanno affermato molti media in Germania. Già prima della votazione di domenica scorsa il “No” era in vantaggio nei sondaggi. Ma chi avrebbe osato fidarsi ancora dei sondaggi dopo l’inaspettata vittoria di Trump e quella del Leave in Gran Bretagna? Stavolta, però, le statistiche avevano ragione: la “madre di tutte le riforme” è stata respinta dal voto popolare e Renzi ha realmente perso – come egli stesso ha dichiarato nel corso della conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi nella notte fra domenica 4 e lunedì 5 dicembre.
Molti politici in Germania sono rimasti profondamente delusi dall’esito del referendum. A detta di Steffen Seibert, portavoce del Governo tedesco, la cancelliera Angela Merkel «ha preso atto delle dimissioni del primo ministro italiano con rammarico». «Con Renzi abbiamo lavorato molto bene», tuttavia, ha aggiunto il portavoce, Berlino rispetta «la decisione democratica delle cittadine e dei cittadini» italiani e offrirà anche al prossimo Governo «la sua cooperazione in amicizia e alleanza».
Sigmar Gabriel, capo del partito Sozialdemokratische Partei Deutschlands-SPD (SPD e Christlich-Demokratische Union-CDU attualmente governano insieme in coalizione, N.d.A.), si augura che, nonostante questa battuta di arresto – da cui trarranno vantaggio solo i partiti populisti -, l’Italia continui con le riforme e avanzi nel cammino della modernizzazione. Per il ministro degli Esteri tedeschi, Frank-Walter Steinmeier, il risultato del referendum non rappresenta affatto un segnale positivo per l’Europa; «Renzi ha fatto la cosa giusta, ma il popolo non lo ha ricompensato», ha detto; in questo momento, però, «è necessario che la crisi in Italia finisca al più presto».
Anche i media in Germania ora temono che la crisi in Italia possa peggiorare. Il giornale Die ZEIT ha scritto che, con la vittoria del “No” al referendum del 4 dicembre, la crisi italiana potrebbe ripercuotersi anche sul resto dell’Ue, la quale ha perso un grande sostenitore come Renzi. Die ZEIT ha asserito inoltre che non è fallita solamente la riforma della Costituzione italiana ma anche l’intero progetto politico di Renzi: quello stesso 40% che nel maggio 2014 – in occasione delle elezioni europee – era stato, per il Partito democratico, la cifra del successo, il 4 dicembre scorso si è trasformato nel numero della catastrofe (solo il 40% di coloro che hanno preso parte alla consultazione popolare, infatti, ha votato a favore della riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi, N.d.A.). Ciononostante, a parere di Die ZEIT e del quotidiano Süddeutsche Zeitung, anche nella sconfitta Renzi ha dimostrato grandezza, perché si è assunto tutta la responsabilità del triste esito del referendum: «Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta», ha ammesso, «voi non avete perso, […] io ho perso».
Il telegiornale Heute-Journal del servizio pubblico ZDF ha paragonato il referendum italiano a quello svoltosi in Gran Bretagna nel mese di giugno: sia David Cameron che Renzi erano convinti di vincere; credevano che un referendum fosse lo strumento perfetto, la linea da seguire per affermarsi nel rispettivo ruolo di primo ministro e di presidente del Consiglio. Entrambi hanno sbagliato. Posizione non avallata da Stefan Ulrich, commentatore del Süddeutsche Zeitung, il quale, invece, ha ribadito la prevedibilità dell’esito della consultazione popolare italiana. Dopo aver sottolineato che «gli italiani e gli europei hanno perduto un riformatore intelligente, energico e appassionato» e che «questa sarà una perdita difficile da compensare», Ulrich ha concluso il suo articolo così: «L’Italia probabilmente continuerà a “lavoricchiare”(in ted. “wursteln”) e a soffrire, oppure cadrà nell’abisso sotto la furia autoritaria di personaggi come Beppe Grillo. Qualcosa di positivo, tuttavia, c’è: i 1000 giorni di Governo Renzi hanno mostrato che l’Italia può essere riformata – se anche i cittadini lo vogliono».
PH. Julia Ruhs
Fonti:
www.repubblica.it; www.unita.tv; www.zeit.de; www.sueddeutsche.de; www.zdf.de