L’immigrazione è da sempre un tema centrale delle politiche europee, spesso motivo di discussioni, dissapori, dibattiti e confronti che portano allo scontro tra ideologie di poli opposti. Immaginiamo una bilancia: su un piatto posizioniamo la sovranità dello Stato, connessa alla sicurezza e alla protezione dei confini; sull’altro piatto posizioniamo l’accoglienza, legata al rispetto dei diritti umani. In questo momento storico, dove penderebbe l’ago di questa bilancia? Quale piatto avrebbe più peso? L’Unione europea si è posta e continua a porsi l’obiettivo di equilibrare i due poli, ma il raggiungimento di questo scopo ha da sempre comportato il superamento di ostacoli politici, di coordinamento, ideologici e fattuali, cioè quelli derivanti da crisi migratorie reali.
Dall’utopia alla realtà: l’immigrazione nell’Europa unita
L’UE nasce come progetto di integrazione e solidarietà per promuovere la pace, la stabilità e la prosperità tra i paesi europei dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. Tra i valori fondanti ritroviamo la libertà, l’uguaglianza e la dignità umana come base per creare un ambiente in cui i diritti umani siano rispettati e protetti, rendendo a tutti gli effetti l’UE una “casa dei diritti”. Nonostante tutti gli Stati membri dell’UE siano anche membri del Consiglio d’Europa e abbiano quindi ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) [1], l’UE ha comunque pensato di adottare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [2] per creare un documento specifico per il contesto dell’Unione al fine di riflettere i suoi valori e le sue politiche, affrontare sfide specifiche legate al suo funzionamento e integrare diritti civili e politici con diritti economici e sociali. La Carta, proclamata nel 2000 e divenuta vincolante con il Trattato di Lisbona nel 2009, ha rafforzato la tutela dei diritti fondamentali rendendoli più visibili e applicabili nelle decisioni e nelle politiche dell’UE, fornendo un quadro giuridico chiaro e coerente per garantire che i diritti siano rispettati in modo uniforme in tutti gli Stati membri.
Con il Trattato di Maastricht del 1992 è stato introdotto il pilastro di “Giustizia e affari interni” (GAI), includendo l’immigrazione, l’asilo e la cooperazione giudiziaria. È possibile affermare che ciò ha rappresentato un primo passo verso la definizione di una politica comune in materia di immigrazione, sebbene la cooperazione in questo ambito fosse principalmente intergovernativa. Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha trasferito alcune competenze al piano comunitario, finalmente consolidato con il Trattato di Lisbona con una piena integrazione delle politiche di immigrazione e asilo nel quadro giuridico dell’UE.
Questo processo di integrazione basato sui valori ha spesso generato delle critiche in riferimento al trattamento differenziato tra i cittadini europei e gli stranieri e la disparità di diritti che crea discriminazione e disuguaglianza. Ad esempio, i cittadini europei hanno il diritto di far ricongiungere i propri familiari nel territorio dell’UE, mentre i cittadini di paesi terzi affrontano procedure complesse e restrittive per il ricongiungimento familiare. Ancora, i cittadini dell’UE hanno diritto all’accesso al mercato del lavoro e ai servizi sociali, come l’assistenza sanitaria e l’istruzione, in tutti gli Stati membri, mentre i cittadini di paesi terzi possono essere esclusi o limitati nell’accesso a tali servizi. Mentre l’UE si impegna a rispettare il diritto all’asilo, le politiche di gestione dei flussi migratori possono portare a violazioni dei diritti dei richiedenti asilo, come il respingimento alle frontiere o la detenzione in condizioni inadeguate, situazioni per le quali sia la Corte europea dei diritti umani, sia la Corte di Giustizia dell’Unione europea si sono già dovute esprimere molteplici volte condannando gli Stati membri.
Nel corso degli anni, l’UE ha sviluppato un quadro normativo complesso per gestire l’immigrazione, composto da direttive e regolamenti che coprono vari aspetti, dalla procedura di asilo al rimpatrio. Tuttavia, l’applicazione di queste norme ha spesso messo in luce la mancanza di solidarietà tra gli Stati membri, in particolare nei confronti dei paesi di primo approdo. Questo è reso particolarmente evidente dall’applicazione del Regolamento di Dublino [3] che stabilisce il criterio per determinare quale Stato membro è responsabile dell’esame di una domanda di asilo, ovvero il paese di primo ingresso. Il regolamento ha creato un onere sproporzionato per i paesi di frontiera come Italia e Grecia, che ricevono la maggior parte dei flussi migratori. Le ripetute crisi migratorie hanno evidenziato i limiti del regolamento e la necessità di un sistema di solidarietà più equo. Nonostante i ripetuti appelli alla solidarietà, molti Stati membri si sono rifiutati di accogliere quote di richiedenti asilo o di fornire sostegno ai paesi di primo approdo. La mancanza di solidarietà ha creato tensioni e divisioni all’interno dell’UE, mettendo a dura prova la sua capacità di gestire le crisi migratorie snaturando il concetto di cooperazione e facendo apparire la solidarietà solo “su carta”. L’ulteriore mancanza di meccanismi vincolanti per la redistribuzione dei richiedenti asilo e la riluttanza di alcuni Stati membri a partecipare a tali meccanismi hanno evidenziato il divario tra le dichiarazioni di intenti e le azioni concrete.
Il confine tra protezione e respingimento: politiche e crisi
Nel 2015 l’UE si è trovata ad affrontare un’importante crisi migratoria che ha messo a dura prova la capacità degli Stati di far fronte a situazioni di emergenza. La guerra civile siriana, i conflitti in Iraq e Afghanistan, e l’instabilità in diverse nazioni africane hanno spinto milioni di persone a fuggire dalle loro case e a trovare rifugio in Europa. Le risposte dell’UE sono state complesse e spesso controverse, con un mix di misure volte a gestire gli arrivi, rafforzare le frontiere e affrontare le cause profonde della migrazione. Le rotte mediterranea e balcanica hanno visto flussi di persone disperate alla ricerca di salvezza e sono state luogo di frustrazione e di vera e propria emergenza umanitaria. L’UE ha utilizzato l’approccio hotspot per la registrazione e il controllo dei migranti, soprattutto a seguito di numerose operazioni di ricerca e soccorso intraprese per salvare le vite dei migranti in difficoltà. L’agenzia Frontex ha visto i propri finanziamenti aumentare e sono stati rafforzati i controlli alle frontiere esterne. L’UE ha cercato di stabilire un sistema di quote per la ricollocazione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri e alleviare la pressione su determinati paesi, ma questo ha incontrato una forte resistenza. Inoltre, si è cercato di esternalizzare la crisi attraverso accordi con paesi terzi come la Turchia e la Libia (alquanto controversi e dibattuti) e programmi di reinsediamento e di aiuti umanitari per gli Stati africani più in difficoltà. Questa cooperazione ha posto il focus sulla lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani, sul sostegno ai rifugiati, sulla gestione delle frontiere e anche sullo sviluppo economico dei paesi stessi al fine di migliorarne le condizioni di vita. Questa crisi severa ha reso ancor più evidente il problema della condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri e ha minato la delicata questione della solidarietà sempre oggetto di dibattito. Paesi quali Ungheria, Austria e Polonia adottarono posizioni molto rigide in merito all’accoglienza dei rifugiati, arrivando a chiudere le proprie frontiere. Aldilà dei motivi pratici, queste posizioni intransigenti vennero motivate dalle forti preoccupazioni per la sicurezza nazionale, il rischio di terrorismo, e anche dalla volontà di preservare la propria identità culturale, dipingendo l’immigrazione come una grande minaccia.
Il Nuovo Patto sulla Migrazione e Asilo: costruire muri o ponti?
Come accade di solito, l’Unione impara dalle crisi che affronta e cerca ogni volta di rafforzare le proprie strutture e modalità di cooperazione. Nel corso degli anni sono stati fatti passi in avanti con la creazione di visti europei e permessi di soggiorno uniformi e con il miglioramento generale del sistema comune dell’UE per gestire i fenomeni migratori. Nel maggio del 2024 è stato adottato il Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo [4], quello che sembra essere una soluzione che doni equilibrio alla bilancia sui cui piatti pendono sicurezza dei confini e rispetto dei diritti. Il Patto è orientato ai risultati e ancorato ai valori europei e promuove lo scopo di affrontare questioni complesse con determinazione e ingegno, contando sulla garanzia dei diritti delle persone, su frontiere esterne forti e sicure e sulla solidarietà tra tutti i paesi dell’Unione, senza che nessuno sia lasciato solo a gestire situazioni di pressione.
Questo Nuovo Patto è visto come una sorta di rivoluzione del sistema comune d’asilo non solo perché affronta in maniera diretta la questione della solidarietà tra Stati membri, ma anche perché prevede un pacchetto di normative [5] (regolamenti e direttive) in vigore a partire da luglio 2026 che sostituiscono o si aggiungono a quelle già esistenti, tra cui il tanto discusso Regolamento di Dublino. Infatti, quest’ultimo sarà sostituito con un regolamento ad hoc che prevede una dettagliata procedura per la determinazione dello Stato membro competente e l’introduzione di un meccanismo di solidarietà obbligatoria ma flessibile. Spetterà alla Commissione adottare una decisione di esecuzione per stabilire se un determinato Stato è soggetto a pressioni migratorie, è a rischio, oppure si trova in una situazione migratoria significativa. Successivamente sarà il Consiglio a stabilire la riserva di solidarietà per cui ciascun Stato membro contribuirà attraverso ricollocazioni, contributi finanziari o misure alternative quali sostegni logistici e di personale. Qualora queste misure dovessero risultare insufficienti, subentreranno le cosiddette “compensazioni di competenza”. Ciò significa che lo Stato membro contributore assumerà la responsabilità dei richiedenti già presenti sul suo territorio, dei quali di norma dovrebbe occuparsi lo Stato membro che si trova ad affrontare una situazione di crisi. In questa maniera si intende risolvere il tasto dolente della solidarietà attraverso una condivisione di responsabilità e un sostegno reciproco.
Gli accertamenti alle frontiere saranno più rigorosi attraverso controlli di identità, sicurezza e salute grazie alla rafforzata banca dati Eurodac contenente impronte digitali, immagine del volto, dati di identità e copie dei documenti, sempre nel rispetto della privacy. Le procedure di frontiera con conseguenti rimpatri saranno rese più efficienti in modo da evitare che tempo e risorse siano sprecati per richiedenti che non possono evidentemente beneficiare della protezione internazionale. Il tutto sarà reso possibile grazie ai rapidi protocolli e al sostegno operativo e finanziario. Procedure più semplici e chiare, norme più rigorose contro gli abusi del sistema e i movimenti secondari, garanzie procedurali a tutela dei diritti dei richiedenti, maggiore attenzione alle persone vulnerabili, sono la base del nuovo sistema. L’applicazione pratica della procedura di frontiera è subordinata a una capacità adeguata di trattamento delle domande di asilo e dei rimpatri da parte degli Stati membri, vale a dire alla presenza di infrastrutture sufficienti e di personale qualificato per trattare un determinato numero di domande. La capacità adeguata è fissata a 30 000 a livello dell’Unione, mentre a livello degli Stati membri sarà stabilita dalla Commissione ogni tre anni mediante un atto di esecuzione. L’UE intende armonizzare i processi e le norme in tutto il territorio degli Stati garantendo un adeguato tenore di vita ai richiedenti asilo nel rispetto dei diritti umani.
Ci troviamo di fronte ad un’importante riforma dell’asylum acquis dell’UE che mira a gestire in modo più efficace i flussi migratori, garantire maggiore solidarietà tra gli Stati membri, prevenire abusi di sistema e combattere la migrazione irregolare. Il Nuovo Patto sulla Migrazione e Asilo, con le sue regole di redistribuzione, i centri di rimpatrio nei paesi terzi e l’assistenza umanitaria sembra cercare un compromesso tra sicurezza, solidarietà e rispetto dei diritti. Ma è davvero così? Se l’accoglienza è legata a quote e contributi finanziari piuttosto che a un senso di responsabilità comune, non rischiamo di trasformare la solidarietà in un bene di scambio? È bene ricordare che l’accoglienza di rifugiati e i diritti dei migranti non possono essere messi in secondo piano. Dare priorità al diritto all’asilo potrebbe essere il giusto metodo per prevenire fenomeni di marginalizzazione, discriminazione e radicalizzazione, e potrebbe rappresentare un principio cardine nel discernimento tra chi merita protezione e chi no, garantendo giustizia, legalità e sicurezza. Questa non è solo una questione politica o economica, è una questione identitaria: che tipo di Europa vogliamo essere? Una fortezza con muri e barricate invalicabili oppure un continente capace di conciliare sicurezza e accoglienza senza sacrificare la sua anima?
L’ago della bilancia appare ancora oscillante e ad oggi non sembra esserci equilibrio. L’Europa è a un bivio: o si costruisce un modello migratorio sostenibile e umano, oppure rischia di tradire i valori su cui si è fondata. Il Nuovo Patto potrebbe delineare una soluzione ma il tutto dipenderà dalla volontà degli Stati e dalla giusta applicazione delle disposizioni normative, nel rispetto dovuto ai cittadini europei e ai cittadini del mondo.
[1] Consiglio d’Europa, Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950.
[2] Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea e Commissione europea, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Strasburgo, 18 dicembre 2000 (2000/C 364/01).
[3] Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 180 (29 giugno 2013). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=oj:JOL_2013_180_R_0031_01
[4] Commissione europea. “Patto sulla migrazione e l’asilo – Commissione europea”. Migrazione e affari interni. Ultima modifica 21 maggio 2024. https://home-affairs.ec.europa.eu/policies/migration-and-asylum/pact-migration-and-asylum_it
[5] Commissione europea. “I fascicoli legislativi in sintesi – Patto sulla migrazione e l’asilo”. Migrazione e affari interni. Ultima modifica 4 giugno 2024. https://home-affairs.ec.europa.eu/policies/migration-and-asylum/pact-migration-and-asylum/legislative-files-nutshell_it