I risultati attesi e quelli raggiunti dalla Politica europea di Vicinato.

I risultati attesi e quelli raggiunti dalla Politica europea di Vicinato.

Sebbene la PEV abbia dato risultati incoraggianti, in termini di raggiungimento degli obiettivi prefissati nei partenariati con Paesi quali  il Marocco e la Tunisia  – con i quali sono in corso delle trattative che dovrebbero portare alla realizzazione di un area di libero scambio globale commerciale (DCFTA)[1] –  non può dirsi egualmente, tuttavia, con riguardo ad altri Paesi dell’area Nord africana, quali, ad esempio la Libia e l’Egitto, dove la PEV ha registrato un sostanziale fallimento. 

Nel tempo, pur tentando di istituzionalizzare il nesso tra l’azione esterna e il perseguimento dei valori del progetto europeo, attraverso la scelta di subordinare l’assistenza finanziaria, la cooperazione allo sviluppo e i rapporti di associazione al rispetto di alcuni parametri quali il rispetto dei diritti umani il rispetto dello stato di diritto e la lotta al terrorismo islamico, l’azione dell’Unione del Mediterraneo è risultata fallimentare, determinando rallentamenti nei processi di convergenza o, addirittura, in taluni casi, anche l’arresto del dialogo con alcuni Paesi partner. 

I risultati attesi e quelli raggiunti dalla politica europea di vicinato in Marocco

Trai Paesi del Nord Africa, il Marocco è quello che ha sviluppato delle relazioni più avanzate con l’Unione europea.

La relazione UE-Marocco si basa prevalentemente su un accordo di associazione entrato in vigore nel 2000, in seguito integrato nel 2004, nell’ambito di una prima azione della PEV, rivisitata, poi, nel 2015.[2]

Dal 2008 gli è stato concesso lo status avanzato nel quadro della PEV e il Marocco è diventato, così, uno dei partner privilegiati dell’UE, rafforzando l’impegno europeo a sostegno di una la cooperazione  economica, commerciale, politica e migratoria nei Paesi limitrofi. 

Più nello specifico, nel periodo di riferimento 2014-2020, gli aiuti finanziari che sono stati destinati al Marocco tramite la PEV sono ammontati a una quota pari 1.3- 1.6 miliardi di euro[3], erogata attraverso accordi bilaterali in settori chiave quali: la riduzione della disoccupazione, la good governance e il rispetto dello Stato di diritto, la crescita sostenibile e l’accesso ai servizi sociali.

Le novità nelle relazioni bilaterali tra l’UE e il Marocco, però, indubbiamente, riguardano sia la trattativa per la costituzione di un area di libero scambio globale commerciale (DCFTA), sia l’ammissione del Marocco, dal 2014, al programma Erasmus plus[4] , che ha permesso a studenti universitari europei e marocchini di beneficiare di un periodo di studi in Europa e in Marocco, rafforzando il legame culturale tra i due partner.

I risultati attesi e quelli raggiunti dalla politica europea di vicinato in Tunisia

Un altro Paese nel quale si sono riscontrati dei benefici dall’attuazione della PEV è la Tunisia.

Le relazioni euro-tunisine si sono sempre caratterizzate per il reciproco interesse dei partner a rafforzare e conferire stabilità alla democrazia in Tunisia. 

Formalmente un primo accordo di associazione firmato tra l’UE e la Tunisia risale al 1995[5], ma è con l’avvento della Primavera araba, nel 2011, che l’attività della PEV è divenuta più incisiva.

Difatti, dal 2011 le risorse economiche destinate alla Tunisia ammontano a circa 3 miliardi di euro[6] di aiuti, ed è stato più volte ribadito l’impegno e il rapporto privilegiato che intercorre tra l’UE e la Tunisia.

Una relazione che ha condotto all’istituzione, nel 2012, di un partenariato privilegiato, tradotto, poi, in un piano di interventi e riforme per il periodo di riferimento 2013-2017[7], successivamente prorogato per il biennio 2018-2020.

Nel periodo 2017-2020, l’UE ha erogato in favore della Tunisia 300 milioni di euro all’anno, per il perseguimento di riforme in tre settori socio-economici fondamentali, ossia: la promozione e il rafforzamento dello Stato di diritto e della good governance, il rafforzamento della coesione sociale con particolare attenzione alla coesione territoriale e, infine, il rafforzamento di una crescita sostenibile, in grado di generare occupazione giovanile[8].

Un aspetto di fondamentale rilevanza è, senza dubbio, la cooperazione transfrontaliera e la partecipazione del Paese a iniziative volte a rafforzare i controlli transfrontalieri nel Mediterraneo; al riguardo, giova rilevare che la Tunisia beneficia di finanziamenti bilaterali nell’ambito del fondo fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa per una migliore gestione della migrazione e delle frontiere[9].

In ultimo, appare opportuno osservare che anche la Tunisia, cosi come il Marocco, ha avuto accesso al programma Erasmus plus e partecipa al programma europeo di ricerca e innovazione tecnologica Horizion 2020[10], indice di una forte cooperazione, anche nel campo della ricerca scientifica. 

I risultati attesi e quelli raggiunti dalla politica europea di vicinato in Egitto

Così come il Marocco e la Tunisia, anche l’Egitto è considerato uno dei partner privilegiati nelle relazioni euro-mediterranee. 

La base giuridica del rapporto è l’accordo di associazione entrato in vigore nel giugno 2004. Nel 2017, nell’ambito della PEV, sono state ridefinite le priorità del partenariato per il triennio 2017-2020, a seguito dei rilevanti mutamenti avvenuti all’interno del Paese.

Più nello specifico, il Consiglio d’associazione UE-Egitto ha posto l’attenzione sull’esigenza di una modernizzazione economica del Paese, attraverso lo sviluppo di un’economia sostenibile e partecipativa, nella quale siano coinvolte anche le classi più povere della società civile, e che miri alla tutela dei diritti umani e, più in generale, al ripristino dello Stato di diritto, che appare ormai fortemente a rischio.[11]

Ancorché tali priorità siano state definite con il governo del Cairo, il regime oppressivo del presidente Al-Sisi continua a violare gli accordi stipulati, vanificando le azioni della PEV e venendo meno alle condizioni poste per ottenere il sostegno economico-finanziario.

La PEV ha fornito assistenza economico-finanziaria all’Egitto prevalentemente attraverso piani d’azione bilaterali, stanziando risorse che oscillano tra i 400 e i 500 milioni di euro, destinate principalmente a settori chiave, quali la modernizzazione economica e lo sviluppo tecnologico[12].

Tali piani dovrebbero mirare all’implementazione di settori quali l’istruzione e lo sviluppo economico-sociale, nell’ottica della strategia di sviluppo sostenibile 2030 per l’Egitto[13].

L’Egitto beneficia, inoltre, alla stregua degli altri Paesi Nord africani, sia dei fondi messi a disposizione tramite il fondo fiduciario per l’Africa per la gestione e il controllo dei flussi migratori, sia – e questo è il punto che meriterebbe una maggiore riflessione e un’attenta analisi da parte dell’UE – dei fondi per l’assistenza umanitaria ai rifugiati e ai richiedenti asilo, da parte delle strutture d’accoglienza egiziane[14].

La questione si pone non solo in relazione all’ammontare delle risorse messe a disposizione, che si aggira intorno ai 22 milioni di euro, ma anche – e soprattutto – con riferimento alle condizioni in cui versano tali strutture, all’interno delle quali diverse ONG hanno risconto numerose violazioni dei diritti umani[15].

I risultati attesi e quelli raggiunti dalla politica europea di vicinato in Libia

Anche la Libia, sebbene abbia una situazione politica frammentaria e sia priva di una vera linea nazionale unitaria – tanto che si potrebbe parlare di due diverse politiche regionali –  usufruisce degli aiuti e del sostegno economico-finanziario dell’Ue nell’ambito della PEV.

Benché la Libia non abbia concluso con l’Ue un accordo di associazione, uno degli obiettivi principali dell’azione esterna dell’Unione è quello di supportare il Paese in una transizione democratica, al fine di ritrovare quella stabilità politica venuta meno a seguito della Primavera araba, che ha portato al crollo del regime di Gheddafi e, successivamente, allo scontro tra i governi di Tripoli e di Tobruch.

Com’è noto, il regime di Gheddafi non si caratterizzava per la concessione di elevate libertà democratiche: l’auspicio dell’Ue, pertanto, è quello di riportare l’area alla stabilità di cui godeva in precedenza, garantendo, però, al contempo, una più elevata tutela dei diritti e delle libertà fondamentali.

A tal proposito, l’Unione europea è impegnata nel cosiddetto “processo di Berlino”[16] per la stabilizzazione politica  e il rilancio del paese attraverso la cooperazione internazionale.

Appare interessante rilevare che la Libia, pur facendo parte dei Paesi coinvolti nella Politica Europea di Vicinato, ha scelto di non partecipare all’iniziativa di cooperazione regionale costituita dall’Unione per il Mediterraneo, rivestendo, all’interno della stessa, lo status di mero osservatore; ciò lascia presumere un fallimento generale dell’azione della PEV nello Stato in questione. 

A differenza degli altri Paesi del Nord Africa, inoltre, dove lo strumento europeo di vicinato agisce per il tramite di piani bilaterali e partenariati pluriennali, in Libia l’Ue ha impiegato esclusivamente piani d’azione annuali per valutare in maniera costante le evoluzioni che avvengono nel Paese[17].

Dal 2014 i piani bilaterali hanno finanziato molteplici progetti, per un totale di 98 milioni di euro, impiegati in settori strategici quali, la governance e lo sviluppo economico e sociale[18].

Il Fondo fiduciario dell’Unione per l’emergenza in Libia

Risorse rilevanti a sostegno della situazione libica provengono dal Fondo fiduciario per l’Africa: la Libia, infatti, è  uno dei Paesi che riceve maggiori fondi per la gestione dei flussi migratori, stante l’elevato numero di migranti in partenza dallo Stato in questione, per via sia della sua posizione strategica, sia della sua instabilità politica, che agevola l’operato delle organizzazioni criminali. 

Le risorse sino ad ora destinate al Paese dal Fondo per la realizzazione di progetti che permettano una migliore gestione  dei flussi migratori ammontano a una quota pari a 281 milioni di euro, pari al 48% della dotazione totale del fondo[19].

Con i finanziamenti provenienti da tale fondo, l’Ue ha cercato di dare attuazione alla linea strategica convenuta nella dichiarazione di Malta del Consiglio europeo[20] sulle rotte dei migranti, che mirava a creare un sistema di gestione della migrazione e di asilo coerente con le convenzioni internazionali e con il rispetto dei diritti umani di migranti e rifugiati.

Anche la Libia merita particolare attenzione da parte dell’Unione, ed infatti, come nell’ipotesi dell’Egitto, anche in questo caso diverse ONG hanno evidenziato un mal funzionamento nella gestione dei fondi europei: più nello specifico, è stata denunciata la costruzione, con risorse dell’Ue, di centri di accoglienza per rifugiati, all’interno dei quali sono state registrate numerose violazioni dei diritti umani[21].

Si riscontrano, inoltre, dei persistenti inadempimenti delle clausole politiche ed economiche: le risorse destinate allo sviluppo di un’economia sostenibile sono state utilizzate – e continuano ad essere impiegate – per perpetrare il conflitto regionale, incrementando l’instabilità dell’area. 

L’Ue, in ultimo, nell’ottica di attuare una politica di cooperazione con Tripoli, fornisce un’assistenza militare alla Guardia Costiera libica, attraverso due missioni che si strutturano nell’ambito della politica estera e di sicurezza e difesa comune: la missione europea di assistenza alle frontiere (EUBAM Libya) e la missione EUNAVFORMED operazione IRINI[22].

Sebbene l’approccio adottato con la Libia nell’ambito della PEV preveda una cooperazione globale, con programmi a breve e medio termine, i risultati attesi tardano ad arrivare.

Considerazioni conclusive 

Dall’analisi condotta sui Paesi esaminati emergono delle considerazioni sulle quali l’Unione, auspicabilmente, dovrebbe riflettere.

Appare opportuno, in primo luogo, che l’Unione conduca un’attenta attività di verifica del proprio operato, soprattutto in relazione alla gestione delle risorse economiche della PEV e all’applicazione delle clausole di condizionalità politica contenute negli accordi. 

Quanto al primo aspetto, infatti, è stato riscontrato che molti Paesi beneficiano di risorse economiche comunitarie, originariamente destinate alla realizzazione di quella convergenza economico-politica ai valori dell’UE,  poi utilizzate in modo errato, per consolidare regimi anti-democratici o, comunque, per mantenere situazione di stallo economico-sociale. 

In relazione al secondo punto, invece, le reiterate violazioni della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani, che rappresentano elementi essenziali degli accordi stipulati con i Paesi partner, e la corrispondente assenza di una reazione politica forte dell’Ue, suggeriscono la necessità di riformare il sistema di verifica delle clausole di condizionalità politica, ancora fortemente ancorato ad un’ottica prettamente intergovernativa, che ha spesso dato priorità agli interessi degli Stati membri in luogo di quelli dell’Unione, rallentando il processo di stabilizzazione della PEV, minacciando il funzionamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo dell’Ue e, più in generale, mettendo in discussione il ruolo dell’Unione, quale attore unico e incisivo nel panorama internazionale. 


[1] ibidem

[2] EU emergency trust fund for stability and addressing the root causes of irregular migration and displaced persons in Africa. International Centre for Migration Policy Development. Pp 50-52. 2019

[3] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/neighbourhood/countries/morocco_en

[4] ibidem

[5] EU emergency trust fund for stability and addressing the root causes of irregular migration and displaced persons in Africa. International Centre for Migration Policy Development. Pp 54-57. 2019

[6] ibidem

[7] ibidem

[8] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/neighbourhood/countries/tunisia_en

[9] ibidem

[10] ibidem

[11] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/sites/near/files/eu-egypt-partnership-priorities.pdf

[12] EU emergency trust fund for stability and addressing the root causes of irregular migration and displaced persons in Africa. International Centre for Migration Policy Development. Pp 66-68. 2019

[13] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/neighbourhood/countries/egypt_en

[14] https://ec.europa.eu/echo/where/middle-east/egypt_en

[15] https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2019-2020/medio-oriente-e-africa-del-nord/egitto/

[16] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/neighbourhood/countries/libya_en

[17] ibidem

[18] ibidem

[19] https://ec.europa.eu/trustfundforafrica/sites/euetfa/files/eutf_noa_report_web_2019-10-11.pdf

[20] https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2017/02/03/malta-declaration/

[21] https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2019-2020/medio-oriente-e-africa-del-nord/libia/

[22] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/neighbourhood/countries/libya_en

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