L’accordo di recesso e il “United Kingdom Internal Market Bill”
Dopo l’entrata in vigore dell’accordo di recesso (1°febbraio 2020), l’Unione Europea e il Regno Unito hanno dato inizio ai negoziati per la stipula di un accordo internazionale volto a disciplinare le loro relazioni future. Il 9 Settembre 2020, pochi giorni prima rispetto alla data prevista per il terzo meeting del Comitato misto UE-GB (28 Settembre 2020), il governo britannico ha presentato un progetto di legge, denominato “United Kingdom Internal Market Bill”, finalizzato al mantenimento e alla protezione dell’integrità del mercato interno britannico, che, tuttavia, sembrerebbe una evidente violazione dell’accordo di recesso[i] ed, in particolare, del Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord[ii].
La riunione straordinaria del comitato misto UE-GB
Subito dopo la pubblicazione del progetto di legge da parte del Governo britannico, il Vice-Presidente della Commissione Europea, Maroš Šefčovič, ha convocato, il 10 Settembre 2020, una riunione straordinaria[iii] del Comitato misto UE-GB, a Londra, nel corso della quale ha, da un lato, espresso i dubbi sulla compatibilità del progetto di legge con il Trattato di recesso e ha, dall’altro, invitato il governo britannico, nella persona del suo rappresentante Michael Gove, a ritirare ed eliminare le pregiudizievoli misure contenute nel progetto di legge entro la fine del mese di Settembre, onde evitare il ricorso, da parte dell’UE, a rimedi legali.
Quali le possibili violazioni?
Durante la riunione straordinaria del Comitato misto UE-GB, il Vice-Presidente Maroš Šefčovič ha evidenziato ed identificato chiaramente le possibili violazioni che il progetto di legge, qualora approvato, determinerebbe. Secondo la Commissione, le incompatibilità tra tale disegno di legge e il Trattato di “divorzio” attengono principalmente alla violazione del principio di buona fede tra le parti e alle disposizioni del Protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord, in materia di legislazione doganale e aiuti di Stato. Il disegno, infatti, intende modificare alcuni punti del protocollo speciale sulla garanzia del confine aperto fra Irlanda e Irlanda del Nord, ridefinendo le modalità di commercio all’interno della Gran Bretagna.
Più esattamente, la Commissione sostiene che verrebbero violati gli articoli 4 e 5 dell’Accordo di recesso, in base ai quali, rispettivamente, l’accordo di recesso produce effetti giuridici diretti nel territorio del Regno Unito così come nel territorio degli Stati membri dell’UE ed entrambe le parti sono tenute ad agire secondo buona fede nell’adempimento degli obblighi derivanti dal Trattato nel suo complesso. In aggiunta, in riferimento al Protocollo e alla questione dei rapporti Irlanda/Irlanda del Nord, che è stata una delle più complesse e controverse durante i negoziati sull’accordo di recesso, il progetto, così come presentato, violerebbe diverse disposizioni in materia di circolazione delle merci, dazi e aiuti di Stato.
Infatti, contrariamente a quanto sancito dagli articoli 5 e 10 del Protocollo, tale disegno di legge, al fine di tutelare al meglio il mercato interno britannico:
- consentirebbe un accesso illimitato delle merci provenienti dall’Irlanda del Nord nel mercato britannico, conferendo, a tal proposito, ai ministri il potere di modificare o disapplicare le regole di esportazione per le merci che viaggiano dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord;
- consentirebbe la disapplicazione delle norme sugli aiuti di Stato dell’UE, che invece continueranno ad applicarsi in Irlanda del Nord, nel resto del Regno Unito, che avrà il potere di decidere autonomamente il proprio regime di sussidi;
- conferirebbe pieni poteri di spesa al governo britannico, consentendo ai ministri di progettare e attuare schemi di sostituzione per i programmi di spesa dell’UE;
- garantirebbe l’applicazione delle norme che regolano la produzione e la vendita di beni e servizi in ogni parte del Paese, in modo identico.
La terza riunione ordinaria del Comitato misto UE-GB e la lettera di costituzione in mora del Regno Unito
Il Vice-presidente Maroš Šefčovič, nel corso della terza riunione ordinaria[iv] del Comitato misto UE-GB, tenutasi il 28 settembre 2020, ha nuovamente sollecitato il governo britannico a dare seguito alle richieste dell’UE. Tuttavia, di contro, proprio in quella sede, il governo britannico ha confermato la propria volontà di portare avanti il progetto di legge senza apportare alcuna modifica, nonostante l’incoerenza o incompatibilità dello stesso con gli obblighi derivanti dal Protocollo.
Pertanto, dato che, durante il periodo di transizione, così come espressamente sancito dall’art. 131 dell’accordo di recesso, la Corte di giustizia dell’UE esercita la propria giurisdizione anche nei confronti del Regno Unito e analogamente la Commissione UE può esercitare i poteri conferitile dal diritto dell’UE, in data 1°ottobre 2020, la stessa ha inviato una lettera di messa in mora al Regno Unito, denunciando l’avvenuta violazione dei suoi obblighi derivanti dall’accordo di recesso, avviando così la cosiddetta ‘procedura di infrazione’.
La procedura di infrazione e i possibili futuri scenari
La procedura d’infrazione rappresenta uno strumento indispensabile per garantire il rispetto da parte degli Stati membri del diritto dell’UE; la decisione relativa al suo avvio costituisce esercizio di un potere discrezionale da parte della Commissione UE oltre che una sua competenza esclusiva.
L’invio di una formale lettera di messa in mora è il primo atto della procedura. Tale lettera formalizza la contestazione effettuata nei confronti dello Stato membro, precisandone l’oggetto.
Ai sensi dell’art. 258[v] TFUE, la Commissione assegna allo Stato in questione un congruo termine (solitamente due mesi) per difendersi rispetto alla contestazione. Se il termine decorre inutilmente o la Commissione non è convinta della correttezza delle considerazioni fatte dallo Stato per escludere l’infrazione, adotta un parere motivato, con il quale diffida lo Stato a porre fine all’inadempimento entro un dato termine. Successivamente, qualora lo Stato membro non si adegui al parere motivato, la Commissione potrà presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia dell’UE.
Nel caso di specie, la Commissione ha concesso al Regno Unito un mese per presentare le proprie osservazioni sulla lettera di costituzione in mora ma non è stata presentata alcuna giustificazione in merito da parte del governo britannico.
Dunque, lo scenario attuale è caratterizzato da grande incertezza sia rispetto alla prosecuzione della procedura di infrazione da parte della Commissione UE sia rispetto all’esito dei negoziati sull’accordo che dovrà disciplinare le future relazioni tra UE e Regno Unito. Certamente, l’eventuale presentazione di un ricorso per inadempimento dinnanzi la Corte di Giustizia dell’UE potrebbe compromettere la conclusione dell’accordo sulle future relazioni e, in ogni caso, complicare i negoziati tra UE e Regno Unito.
[i] Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, L 29 del 31.1.2020, pp. 7–187.
[ii] Protocol on Ireland and Northern Ireland included in the Agreement on the withdrawal of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland from the European Union and the European Atomic Energy Community, of 17 October 2019, TF50 (2019) 64 – Commission to EU 27.
[iii] European Commission, Statement by the European Commission following the extraordinary meeting of the EU-UK Joint Committee, London, 10 September 2020, Statement 20/1607.
[iv] European Commission, Press statement by Vice-President Maroš Šefčovič following the third meeting of the EU-UK Joint Committee, Brussels, 28 September 2020, Statement 20/1766.
[v] Articolo 258 TFEU: “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea”.