La Corte costituzionale tedesca e la sentenza del 5 Maggio 2020: profili giuridici e carattere politico

Il 5 Maggio scorso, la Corte costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht; anche BVerfG) ha emesso un provvedimento giurisdizionale attraverso il quale ha dichiarato l’illegittimità del Public Sector Purchase Programme (PSPP) della Banca Centrale Europea (BCE), per violazione del principio di proporzionalità sancito all’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE)1. La sentenza dei giudici di Karlsruhe affronta il tema dei rapporti tra gli ordinamenti nazionali e quello dell’Unione Europea (UE)2, richiedendo alcune considerazioni volte a chiarire il contesto politico-normativo all’interno del quale il provvedimento del BVerfG si inquadra.

La sentenza del 5 Maggio 2020 rappresenta l’ultima fase di un acceso dibattito tra la Corte costituzionale tedesca e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) riguardante il PSPP, un programma per l’acquisto di titoli emessi da Governi, agenzie pubbliche e Istituzioni internazionali situate nell’Eurozona, attivo dal 9 marzo 2015 e rientrante nella più ampia strategia nota come Quantitative Easing (QE). Nello specifico, si tratta di un pacchetto di misure predisposte dalla BCE, sotto la Presidenza di Mario Draghi, al fine di promuovere la liquidità degli Stati membri maggiormente colpiti dalla Grande Recessione del 2008 e dalla crisi dei debiti sovrani del 2011, al fine di garantire la stabilità finanziaria dell’Eurosistema.

Con riferimento a tali strumenti, il BVerfG aveva chiesto – prendendo le mosse da una petizione firmata in Germania da oltre 1.700 persone – l’intervento della CGUE, ritenendo l’operato della BCE non conforme alle disposizioni dei Trattati istitutivi dell’UE e alle finalità riconosciute dal Diritto comunitario a tale Istituzione. Con la sentenza Weiss dell’11 Dicembre 20183, la Corte di Giustizia dell’UE ha ritenuto legittima e valida l’azione promossa e attuata dalla Banca Centrale Europea, rinviando la questione al Bundesverfassungsgericht, il quale non solo si è espresso negativamente sulla legittimità della decisione della BCE, ma anche su parte della sentenza Weiss della CGUE, considerandole entrambe ultra vires, ossia emesse al di fuori delle sfere di competenza riconosciute dai Trattati UE a tali Istituzioni europee e, in tal senso, non vincolanti per gli ordinamenti nazionali4.

Il dibattito ha avuto, quale suo culmine, l’immediata reazione della Corte di Giustizia dell’UE, la quale ha precisato – intervenendo con fermezza attraverso un Comunicato stampa dell’8 Maggio 2020 – come essa sia la sola, secondo quanto sancito dai Trattati, ad avere competenza ad accertare che gli atti posti in essere dalle Istituzioni europee siano conformi al Diritto dell’Unione. Dal breve testo del documento, appare chiaro sin da subito come la CGUE abbia agito con l’intento di sottolineare l’importanza del rispetto del principio enunciato, al fine di garantire l’uniforme applicazione e la piena efficacia del quadro normativo comunitario all’interno dei Paesi dell’UE: “Eventuali divergenze tra i giudici degli Stati membri in merito alla validità di atti del genere potrebbero compromettere infatti l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e pregiudicare la certezza del diritto5. Il contenuto del comunicato ha trovato il sostegno della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la quale ha annunciato che l’organo esecutivo comunitario valuterà la possibilità di attivare la procedura di infrazione contro la Germania per violazione della competenza esclusiva dell’UE in materia di politica monetaria, del principio del primato del diritto dell’Unione Europea su quello nazionale e della vincolatività delle sentenze della CGUE per gli organi giurisdizionali degli Stati membri.

Nel merito dei profili prettamente giuridici, la sentenza del Bundesverfassungsgericht è, altresì, il risultato dei limiti dell’assetto normativo che caratterizzano il funzionamento dell’Unione Economica e Monetaria (UEM). A tal riguardo, i Trattati prevedono uno speciale regime giuridico applicabile solo ai Paesi UE che adottano l’euro, escludendo quelli che conservano ancora la loro sovranità monetaria6. A questa prima diversificazione giuridica, che già determina un rallentamento nel processo di integrazione europea, si affianca la distribuzione multi-livello – tra Unione Europea e Stati membri appartenenti all’Eurozona – delle competenze in materia di politiche monetarie, economiche e fiscali. Nello specifico, se le prime rientrano – come affermato in precedenza – nel novero delle prerogative esclusive dell’UE, le seconde e le terze sono rimesse alla sovranità statale, con la possibilità per le Istituzioni europee di dettare solamente linee guida al fine di incrementare la convergenza e la coesione degli Stati membri nel settore economico.

L’asimmetria appena descritta, oltre ad aver contribuito ad incrementare le conseguenze socio-economiche delle crisi dell’ultimo decennio, rende la BCE, col suo ruolo primario in materia di politica monetaria, l’unica Istituzione europea in grado di fornire quelle garanzie necessarie ad assicurare la stabilità finanziaria dell’area euro e, più in generale, dell’Unione Europea. Proprio nell’ambito di tale frammentazione sotto il profilo delle competenze si inserisce la dichiarazione di illegittimità del PSPP contenuta della sentenza della Corte costituzionale tedesca. Secondo i giudici di Karlsruhe, tale programma di acquisto di titoli pubblici violerebbe il principio di cui l’art. 5 TUE nella parte in cui la BCE non abbia dimostrato in maniera chiara e fondata come gli obiettivi di politica monetaria perseguiti attraverso tale strumento – la stabilità finanziaria e dei prezzi, così come riportare il tasso d’inflazione al 2% – siano proporzionati agli effetti di politica economica e fiscale che ne scaturiscono7.

Sebbene il regime giuridico previsto dai Trattati UE attribuisca un preciso ambito di azione alla Banca Centrale Europea, l’interdipendenza intrinseca tra i diversi settori enunciati e la ripartizione delle competenze poc’anzi menzionata assegnano a tale Istituzione degli obiettivi che vanno oltre la stabilità dei prezzi – come la tenuta dell’Eurozona – e che rientrano nell’ambito della politica economica. La stessa CGUE, nella sentenza Weiss, aveva riconosciuto al Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) – di cui fa parte la BCE – “un ampio potere discrezionale” quando elabora e attua programmi concernenti operazioni di open market, procedendo “a scelte di natura tecnica”, così come a “previsioni e valutazioni complesse”. Il ragionamento enunciato dalla Corte svela l’intrinseca contraddizione, presente nei Trattati, sotto il profilo delle competenze; una contraddizione, questa, che pretende di separare misure di politica monetaria dai suoi logici e necessari effetti economici.

La sentenza della Corte costituzionale tedesca, inoltre, ha avuto lo scopo di criticare le Istituzioni interne al Paese. I giudici del BVerfG, infatti, hanno dichiarato incostituzionale l’operato del Parlamento e del Governo tedeschi per non aver attuato comportamenti volti ad ostacolare ed impedire l’emanazione e l’attuazione del PSPP, ordinando alla Bundesbank di interrompere la sua partecipazione al programma. In aggiunta, il Bundesverfassungsgericht ha fornito un ultimatum di tre mesi alla BCE entro il quale l’Istituzione europea dovrà emanare una decisione contenente una valutazione di proporzionalità dello strumento in questione tra gli obiettivi di politica monetaria e i relativi effetti in ambito economico.

L’analisi effettuata, nonostante la sua natura eminentemente giuridica, non può prescindere dalla considerazione di alcune implicazioni di carattere politico che hanno influenzato il dibattito europeo degli ultimi anni. Il fenomeno epidemiologico del SARS-CoV-2 ha evidenziato con maggior chiarezza i limiti che l’UE presenta al suo interno, in particolare la mancanza di una concreta volontà, da parte degli Stati membri, di raggiungere una posizione comune e condivisa in diversi settori, come l’UEM. La sentenza del 5 Maggio 2020 è il risultato di quei difetti strutturali – analizzati in precedenza – che minano il processo di integrazione europea, nonché la prova inconfutabile della necessità di una maggiore cooperazione tra i Paesi UE nell’ambito delle Istituzioni comunitarie. La protezione di interessi a carattere nazionale – a discapito del perseguimento di obiettivi comuni – e l’attitudine degli Stati membri di usufruire dell’Unione Europea quale strumento per imporre la propria visione politico-economica a livello internazionale, rappresentano gli ostacoli più importanti alla creazione di “un’unione sempre più stretta”, fondata su quello “spirito di solidarietà” posto alla base del progetto europeo.

1Sentenza del Bundesverfassungsgericht del 5 Maggio 2020, 2 BvR 859/15, 2 BvR 980/16, 2 BvR 2006/15, 2 BvR 1651/15, disponibile in lingua in inglese su www.bundesverfassungsgericht.de.

2G. Tesauro, P. De Pasquale, La BCE e la Corte di giustizia sul banco degli accusati del Tribunale costituzionale tedesco, disponibile in www.dirittounioneeuropea.eu, 11 Maggio 2020.

3Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa C-493/17, Weiss e altri, sentenza dell’11 Dicembre 2018.

4L. F. Pace, Il BVerfG e la sentenza sul programma PSPP: “c’è della logica in questa follia”? Il prevedibile “rientro” della “crisi istituzionale” annunciata nella sentenza (provvisoria) del 5 maggio 2020, in Federalismi, n. 16/2020, p. 301.

5Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Comunicato stampa a seguito della sentenza della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio 2020, n. 58/20, Lussemburgo, 8 Maggio 2020.

6A. Hinarejos, The Euro Area Crisis in Constitutional Perspective, Oxford, 2015, p. 105.

7F. Botti, I dubbi della Corte costituzionale tedesca sul Quantitative easing, disponibile in www.affarinternazionali.it, 6 Maggio 2020.

2 comments
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