Il quadro normativo relativo alla governance economica dell’Unione Europea (UE o Unione) rappresenta uno degli elementi cruciali che ha caratterizzato – e continua a caratterizzare – l’evoluzione del processo di integrazione comunitaria. Con tale espressione si fa riferimento a quel sistema di istituzioni e procedure introdotto al fine di conseguire gli obiettivi dell’UE in ambito economico, ossia il coordinamento delle relative politiche volto a promuovere il progresso dell’Unione a vantaggio dei suoi cittadini.
La codificazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) – avvenuta con il Trattato di Maastricht del 1992 – ha richiesto l’instaurazione di politiche di bilancio sane e una maggiore cooperazione tra le economie degli Stati membri UE, nel tentativo di garantire una gestione efficace della moneta unica – l’Euro – all’interno dell’Eurozona.
A tal riguardo, nonostante l’ottimismo che ha condotto alla definizione del quadro normativo dell’UEM, le crisi del nuovo millennio hanno rivelato l’inadeguatezza della governance economica dell’UE nel far fronte agli effetti degli shock finanziari e dell’emergenza pandemica, stante la mancanza di appositi strumenti di coordinamento in grado di assicurare la resilienza dell’Unione e dei suoi Stati membri.
In tale prospettiva, le Istituzioni comunitarie hanno ribadito – in diverse occasioni – la necessità di un riesame della governance economica. In particolare, la Commissione europea – con proprie Comunicazioni rispettivamente del 5 Febbraio 20201 e del 19 Ottobre 20212 – ne ha evidenziato gli aspetti positivi e le relative carenze.
Con riguardo ai primi, frutto di un’analisi antecedente all’attuale pandemia, l’Istituzione comunitaria aveva ritenuto efficace il quadro in esame nel conseguimento dei suoi obiettivi fondamentali – tra cui garantire finanze pubbliche e una crescita sostenibili – e nell’incoraggiare gli Stati membri a tornare a posizioni di bilancio parzialmente sane, riducendo il proprio disavanzo e imprimendo al rapporto debito/PIL una traiettoria discendente, in linea con i valori indicati all’art. 1 del Protocollo (N. 14) sulla procedura per disavanzi eccessivi (3% del rapporto deficit/PIL e 60% del rapporto debito pubblico/PIL).
Con specifico riferimento alle carenze, invece, la Commissione europea aveva rilevato la costante sussistenza di livelli elevati di debito pubblico in alcuni Stati membri (in particolar modo quelli “mediterranei”), sostenendo che il quadro della governance economica avrebbe dovuto “contribuire ad affrontare le sfide economiche, demografiche e ambientali più urgenti di oggi e di domani”.
Il perseguimento di tale obiettivo è stato ostacolato dalla mancanza di trasparenza e dalla complessità delle norme di bilancio dell’UE, che hanno contribuito ad incrementare lo sviluppo di quadri di bilancio nazionali e la titolarità statale della relativa disciplina; una condizione, questa, che costituisce tutt’oggi una forte criticità per un coordinamento sovranazionale, per due ragioni. In primo luogo, poiché l’efficacia dei summenzionati quadri nazionali varia da uno Stato membro all’altro. In aggiunta, perché l’assenza di coordinamento non consente di tener conto degli effetti incrociati delle politiche nazionali sugli altri Stati membri.
Con la Comunicazione del 19 Ottobre 2021, invece, la Commissione europea ha rilanciato il dibattito politico sul riesame della governance economica dell’UE, valutando le implicazioni del Coronavirus sul relativo quadro normativo. In tale prospettiva, l’Istituzione comunitaria ha ripreso le considerazioni effettuate in precedenza, integrandole con gli insegnamenti tratti dalla crisi pandemica e dalla risposta posta in essere dall’Unione, per il tramite di strumenti straordinari – tra cui il Next Generation EU (NGEU), il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) e il Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE) – volti a fronteggiare gli effetti socio-economici dello shock sanitario.
Con specifico riguardo al profilo giuridico, il nucleo normativo imprescindibile di tale governance è costituito dall’art. 3(3) del Trattato sull’Unione Europea (TUE)3, da cui emerge una visione solidaristica di economia sociale di mercato, seppur venga fatta espressa menzione alla relativa natura “fortemente competitiva”4. Tali obiettivi – la solidarietà e la competitività – rappresentano gli estremi attraverso cui intendere lo sviluppo di quel bilanciamento che ha caratterizzato la struttura e l’attuazione della dimensione economica comunitaria all’interno dell’UE.
In tale prospettiva, la Grande Recessione, la crisi dei debiti sovrani e il fenomeno pandemico del Coronavirus hanno mostrato in modo chiaro i limiti dell’asimmetria dell’UEM e la stretta interdipendenza tra le economie degli Stati membri dell’Eurozona, soprattutto nel settore finanziario, incrementando la necessità di migliorare la sostenibilità delle finanze pubbliche e della crescita potenziale, così come di ridurre le differenze tra i Paesi UE in termini di competitività socio-economica.
In merito al primo aspetto sopra riportato, i Trattati istitutivi UE prevedono uno speciale regime giuridico per gli Stati membri che adottano la moneta unica. In particolare, il diritto primario comunitario segna una demarcazione tra la politica monetaria, da un lato, e le politiche economiche e fiscali, dall’altro: la prima rientra nel novero delle competenze esclusive dell’Unione; le restanti vengono rimesse alla sovranità statale, con la possibilità per le Istituzioni europee di dettare solamente linee guida al fine di incrementare la convergenza e la coesione degli Stati membri nel settore economico5.
Con specifico riguardo alla stretta interdipendenza tra le economie degli Stati membri dell’Eurozona, il periodo successivo alle crisi finanziarie ha svelato un quadro economico europeo con una disparità bifronte: da un lato, vi è stata una ripresa dei mercati, seppur in un contesto caratterizzato da un’economia reale debole; dall’altro, le differenze economiche tra i Paesi UE, soprattutto dell’area euro, si sono acuite sia in termini di crescita potenziale, sia con riguardo al mercato del lavoro6.
Dall’asimmetria sopra descritta delle competenze nell’ambito dell’UEM, ben si evince come gli Stati membri svolgano un ruolo fondamentale in materia di politica economica. In tal senso, gli artt. 5(1), 119, 120 e 121 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) fanno rientrare nelle competenze dei Paesi UE il coordinamento delle rispettive economie, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi comunitari sanciti all’art. 3 TUE.
Il regime delle competenze, per come delineato dai Trattati, rappresenta una questione spinosa su cui, in realtà, trovano fondamento le risposte che l’UE ha dato alla diverse crisi finanziarie e non che si sono susseguite negli ultimi anni, compresa quella sanitaria; una questione che rivela quella contraddizione giuridica che pretende di separare le misure di politica monetaria dai logici e necessari effetti economici; una divisione da ritenersi artificiosa, stante l’appartenenza della politica monetaria a quella economica; una demarcazione che si concretizza solo in funzione di una ripartizione di competenze orizzontale (tra la BCE e le istituzioni politiche dell’Unione) e verticale (tra l’Unione e gli Stati membri)7.
Nonostante i progressi raggiunti nel quadro dell’Unione Economica e Monetaria (UEM), le sfide dell’ultimo decennio hanno mostrato come l’intervento delle Istituzioni – sia a livello nazionale che europeo – debba necessariamente tenere conto, quale presupposto fondamentale, dell’avvenuto mutamento del contesto di riferimento e, di conseguenza, adattare le risposte e le relative politiche, in conformità coi principi che guidano il progetto comunitario.
È proprio partendo da quei principi – come la solidarietà – che hanno determinato la nascita e il susseguente sviluppo del processo di integrazione europea che è possibile applicare quella flessibilità e quel pragmatismo che, ad oggi, risultano essenziali per costruire una governance economica che miri alla realizzazione di obiettivi comuni, a discapito degli egoismi nazionali e sovranisti.
In tale prospettiva, l’attuale pandemia – al pari delle precedenti crisi – costituisce un’ulteriore occasione per l’UE di rafforzare il suo assetto giuridico-istituzionale. La novità di prevedere l’emissione di debito comune, da sempre timore nevralgico dei cosiddetti “Paesi frugali”, traccia la giusta rotta che – almeno all’interno dell’UEM – gli Stati membri devono perseguire nel graduale processo di integrazione europea; un “debito buono”, questo, la cui sostenibilità sarà garantita dal relativo utilizzo a fini produttivi, in termini di investimenti sul capitale umano, sulla ricerca, sull’inclusività e sulle infrastrutture.
Si fa riferimento ad una solidarietà positiva da contrapporsi alla rigida interpretazione che è stata fornita alle norme del TFUE in materia di politica economica, nonché alle disposizioni di bilancio del Patto di Stabilità e Crescita (PSC); un quadro giuridico, questo, troppo imperniato sul timore del c.d. “azzardo morale”, cioè la propensione degli Stati membri a confidare nell’eventuale salvataggio da parte dell’Unione o di altri Paesi UE in caso di insolvenza; un strumento ambizioso, ma necessario, cui si accompagna la cessione di sovranità in tale materia a livello sovranazionale, per colmare quelle lacune che hanno inficiato – e continuano ad influenzare negativamente – il funzionamento dell’UEM.
Concludendo, ben si comprende la necessità di perseguire quella resilienza in grado di rafforzare la risposta dell’Unione alla crisi presenti e future, muovendo da un ripensamento di quelle logiche che hanno caratterizzato la governance economica comunitaria in passato: non più semplice approccio creditore-debitore, ma giusto bilanciamento tra solidarietà responsabile e flessibilità delle regole; non più mera adozione di strumenti di sostegno finanziario subordinati a rigidi criteri di condizionalità economica, con rischio di intrusività nella sovranità statale8, ma puro perseguimento di obiettivi comuni, nell’ottica di realizzare quel concetto di “unione sempre più stretta” sancito nel Preambolo al TUE.
Alla luce della crisi in atto in Ucraina e della conseguente ridefinizione della politica di difesa comune, nel quadro di un minore impegno statunitense sullo scenario euro-mediterraneo, il rafforzamento della resilienza della governance dell’UE – non lo si può tacere – acquisisce una valenza ancor maggiore che in passato.
1Commissione europea, Riesame della governance economica, COM(2020) 55 final, Strasburgo, 5 febbraio 2020.
2Commissione europea, L’economia dell’UE dopo la COVID-19: implicazioni per la governance economica, COM(2021) 662 final, Strasburgo, 19 ottobre 2021.
3Art. 3(3) TUE: “L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. […] Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”.
4S. Cafaro, L’evoluzione della costituzione economica dell’Unione: si è conclusa l’era della stabilità?, in I Post di AISDUE, IV (2022), Sezione “Atti convegni AISDUE”, n. 14, 13 febbraio 2022, Annali AISDUE, ISSN 2723 9969, disponibile su www.aisdue.eu.
5A. Hinarejos, The Euro Area Crisis in Constitutional Perspective, Oxford, 2015, p. 105.
6N. G. Wenzel, F. Spigarelli, La crisi dell’euro: quale futuro per una Unione monetaria senza Unione fiscale?, in M. E. Bartoloni, A, Caligiuri, B. Ubertazzi (a cura di), L’Unione europea e la riforma del governo economico della zona euro, ISBN 978-88-6342-573-4, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013, pp. 154-167.
7S. Cafaro, Il ruolo della Corte di giustizia nella definizione della politica economica e monetaria europea, in Annali AISDUE – Volume I, Cacucci Editore, Bari, 2020, disponibile su www.aisdue.eu.
8P. De Sena, M. Starita, Fra Stato di necessità ed (illecito) intervento economico: il terzo “bail out” della Grecia, disponibile su www.sidiblog.org, 2015.
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