Definito dal Time «l’anno peggiore di sempre», il 2020 ha senza dubbio stravolto gli equilibri mondiali e la vita di tutti noi. L’emergenza pandemica ci ha costretti a trovare nuovi modi di lavorare, vivere e interagire, evidenziando più che mai l’importanza della digitalizzazione e il ruolo chiave che le piattaforme digitali giocano nelle nostre vite. Difatti, il prosieguo della maggior parte delle attività quotidiane è stato possibile solo grazie alla vasta gamma di servizi per facilitare le interazioni tra gli utenti (imprese e/o individui) attraverso Internet forniti da queste piattaforme: e-marketplace, motori di ricerca, social network site, servizi di comunicazione, app store, sistemi di pagamento e molto altro.[1] Per rispondere a queste esigenze e sfide, la Commissione europea ha proposto lo scorso dicembre il cosiddetto “pacchetto digitale”.
Piattaforme digitali, algoritmi e diritti fondamentali
Le grandi arene poc’anzi menzionate ricoprono un ruolo tutt’altro che marginale nella società e nell’economia digitale europea: basti pensare che gli algoritmi non solo sono in grado di estrarre dati da qualsiasi nostra attività, ma anche di prevedere e in parte influenzare i nostri comportamenti.
I dati relativi alle interazioni online degli utenti, infatti, vengono raccolti ed elaborati sia per migliorare i servizi forniti al consumatore, ma anche e soprattutto a beneficio di attori privati che, attraverso pubblicità mirate e messaggi che cercano di sfruttare le vulnerabilità associate al profilo del destinatario, mirano a massimizzare i loro profitti. Tutto questo avviene in un contesto tutt’altro che trasparente, in cui né i dati personali che sono stati utilizzati per profilare l’utente, né il profilo stesso e il suo scopo sono resi noti.
È quindi evidente come la capacità degli individui di fare scelte pienamente consapevoli sia compromessa dall’utilizzo di strumenti poco trasparenti. Il potere che le piattaforme digitali hanno di usare i big data per minare il diritto di decidere degli individui le rende, pertanto, una minaccia reale e attuale per la democrazia.
Scenario giuridico
L’attuale quadro giuridico europeo relativo ai servizi digitali risale alla Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE: uno strumento che, per quanto fondamentale, non è chiaramente più sufficiente a regolare una realtà radicalmente cambiata rispetto a vent’anni fa.
Consapevole dei rischi e delle sfide poste dall’era digitale, nel giugno 2020 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica per raccogliere pareri e dati da privati, imprese, piattaforme online, rappresentanti del mondo accademico, società civile e tutte le parti interessate al fine di definire insieme le norme che regolano i servizi digitali nell’UE.[2]
Il 15 dicembre ha proposto il cosiddetto “pacchetto digitale”, ossia due iniziative legislative nell’ambito della Strategia Digitale Europea Shaping Europe’s Digital Future: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA).
Obiettivi e ambiti di applicazione del “pacchetto digitale”
Gli obiettivi principali del pacchetto digitale sono due: «creare uno spazio digitale più sicuro in cui siano tutelati i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi digitali» e «creare condizioni di parità per promuovere l’innovazione, la crescita e la competitività, sia nel mercato unico europeo che a livello mondiale».[3]
Sebbene condividano scopi comuni, l’ambito di applicazione dei due regolamenti sarà diverso: mentre il DMA fornisce una serie di criteri per qualificare le grandi piattaforme digitali come gatekeeper e pone, secondo un approccio ex-ante, una serie di obblighi e divieti su questi attori, il DSA andrà a modificare il quadro normativo previsto dalla Direttiva sul commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE).[4] In particolare, mantenendo inalterati i regimi di responsabilità attualmente in vigore per i fornitori di servizi digitali, apporterà alcune modifiche volte ad incrementare il livello di trasparenza delle regole di moderazione dei contenuti (inclusi quelli pubblicitari) e dei processi algoritmici cui sono sottoposti i dati.
Sul pian giuridico, al momento il DSA è una proposta di legge: ciò significa che dovrà subire un iter legislativo che, come per il GDPR, potrebbe richiedere anni prima dell’entrata in vigore.
Nella seconda parte di questo articolo si parlerà in maniera più approfondita del Digital Services Act.
[1] Online Platforms. European Commission 22 gen. 2021.
[2] Il pacchetto relativo alla legge sui servizi digitali al centro di una consultazione pubblica della Commissione europea. Rappresentanza in Italia della Commissione europea 3 giu. 2020.
[3] The Digital Services Act package. European Commission 3 mar. 2021.
[4] Donateo, M.-Polimeni, A. “Digital Services Act, così l’Europa vuole tutelare mercato UE e diritti degli utenti.” Agenda Digitale 15 dic. 2020.