L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU): un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale. Il piano stanzia 723,8 miliardi di euro (a prezzi correnti) dei quali 385,8 miliardi sotto forma di prestiti e 338 miliardi sotto forma di sovvenzioni. Il fulcro di NGEU è la Recovery and Resilience Facility (RRF) con una dotazione complessiva di 672,5 miliardi di euro per una durata di sei anni (2021-2026), di cui 312,5 miliardi in sovvenzioni e 360 miliardi in credito agevolato.
Sulla base del piano di riparto fondi previsto dal regolamento istitutivo, che tiene conto della popolazione, del tasso di disoccupazione e dell’impatto della crisi pandemica sul PIL, Italia e Germania sono state destinatarie rispettivamente di 68,9 miliardi e 25,6 miliardi di sovvenzioni nell’ambito della RRF. Entrambi i Paesi hanno elaborato i rispettivi Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), definendo i loro obiettivi intermedi e finali. Gli stessi sono stati sottoposti alla Commissione che, dopo averli valutati, ha trasmesso gli atti al Consiglio. Dopo l’approvazione, la Commissione ha provveduto a disporre l’erogazione di un anticipo pari al 13% del totale concesso al fine di avviare il piano. Le successive erogazioni avverranno al completamento degli obiettivi elencati nel piano. Va precisato che il regolamento che istituisce la RRF richiede che almeno il 37% dei fondi stanziati sia impiegato per progetti finalizzati al conseguimento degli obiettivi climatici e almeno il 20% venga destinato alla transizione digitale, e che risorse adeguate, anche se non precisamente quantificate, siano destinate alla resilienza socio-economica.
Il PNRR italiano ha un valore complessivo di 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 miliardi, concessi a titolo di sovvenzione, mentre i restanti 122,6 miliardi sono crediti a tasso agevolato. Nel complesso il 37,5% dei fondi è destinato al completamento degli obiettivi climatici mentre il 25,1% è stanziato a supporto della transizione digitale. Secondo le previsioni della Commissione l’attuazione del piano produrrà una crescita del PIL dall’1,5% al 2,5% nel 2026, e consentirà l’accesso di 240mila persone al mercato del lavoro.
Per quanto riguarda la transizione ecologica, in particolare, l’Italia si è impegnata a portare significativi miglioramenti al sistema di gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, mobilità sostenibile ed efficienza energetica degli edifici privati e pubblici. Su quest’ultimo punto troviamo stanziato un investimento chiave da 15,3 miliardi per la modernizzazione degli edifici residenziali e pubblici. Nel PNRR è anche previsto l’ecobonus a beneficio di coloro che provvedano a modernizzare le costruzioni, migliorandone la resa energetica, che si traduce in sgravi fiscali pari all’importo della spesa sopportata per i 5 anni successivi all’esecuzione dei lavori, ma a condizione che lo spreco energetico sia ridotto di almeno il 30%.
Nella parte del piano dedicata alla transizione digitale l’Italia si è impegnata non soltanto a migliorare le infrastrutture digitali del paese, ma anche ad affinare le competenze digitali dei propri abitanti, in un contesto in cui il 98% circa (dato ISTAT) dei dipendenti pubblici non aveva mai avuto esperienza di lavoro agile prima della pandemia. Per raggiungere questo target il PNRR stanzia 13,4 miliardi per la transizione digitale ed innovazione del sistema produttivo italiano, e 6,1 miliardi per la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, al fine di accelerare lo scambio di dati e ridurre le lentezze burocratiche. Contemporaneamente, come progetto cardine, sono stanziati 6,7 miliardi con l’obiettivo di connettere con la rete 5G le aree più densamente popolate del paese e cablare, entro metà 2026 , 9mila scuole e circa 12mila ospedali e cliniche.
Nel PNRR l’Italia torna ad affrontare il tema storico delle disparità tra Settentrione e Mezzogiorno. Le sfide macro-economiche chiave, per il Paese, sono il lento crescere del tasso di produttività e l’alto tasso di disoccupazione strutturale nel mercato del lavoro, caratterizzato da una scarsa partecipazione di donne e giovani. Il PNRR interviene con riforme orizzontali e settoriali. Le riforme orizzontali riguardano, in particolare, il sistema giudiziario, al fine di ridurre le lungaggini processuali tipiche dell’ordinamento per le quali l’Italia è stata più volte sanzionata dai giudici di Strasburgo, e la pubblica amministrazione, per accelerarne i procedimenti e modernizzare il pubblico impiego. La riforma di settore chiave riguarda l’istruzione e le politiche attive sul mercato del lavoro. Quest’ultimo intervento è sostenuto da investimenti per 26 miliardi volti ad incrementare i posti negli asili nido al fine di aumentare le opportunità occupazionali per donne e giovani genitori. Si stima che entro il 2025 saranno creati almeno 264.480 nuovi posti negli istituti per minori compresi nella fascia 0-6 anni. Altra importante riforma di settore riguarda il sistema sanitario nazionale, nel quale sono investiti 15,6 miliardi al fine di implementare nuove tecnologie, aumentando l’efficienza degli ospedali. Le divergenze territoriali saranno, infine, combattute mediante un investimento da 13,2 miliardi, in infrastrutture, e dall’ istituzione di zone economiche speciali nel sud Italia.
In Germania è stato approvato il Deutsche Aufbau- und Resilienzplan (DARP) il quale, a differenza del PNRR italiano, fa uso soltanto dei 25, 6 miliardi di sovvenzioni. La Germania ha dunque deciso di non avvalersi dei fondi concessi in prestito. Seppur inizialmente criticato dalla Commissione, in quanto reputato “poco ambizioso”, il piano tedesco è in linea con gli obiettivi del Regolamento: il DARP impiegherà il 42% delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi climatici ed almeno il 52% per la digitalizzazione. Secondo le stime del governo tedesco, l’esecuzione del piano, avrà un impatto sulla crescita del PIL tra lo 0,4% e lo 0,7% nel 2026 e creerà più di 135mila nuovi posti di lavoro.
Sul piano della transizione ecologica, la Germania si impegna a ridurre le emissioni di gas serra attraverso un’opera di modernizzazione dell’industria, fortemente dipendente dai combustibili fossili, e massicci interventi sul fronte dei trasporti, sia pubblici che privati. Tra gli investimenti più rilevanti in tema vediamo stanziati 3,3 miliardi per de-carbonizzare l’economia, con particolare attenzione verso lo sviluppo di nuove tecnologie ad idrogeno da implementare nelle filiere produttive. Altri 5,4 miliardi saranno impiegati per modernizzare i trasporti pubblici e privati, finanziando incentivi per i privati che intendano accedere a vetture ibride ed elettriche; nonché l’acquisto di autobus e treni sostenibili, in linea con gli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi. Inoltre, 2,5 miliardi saranno investiti nell’edilizia sostenibile al fine di aumentare l’efficienza energetica delle costruzioni, nuove o preesistenti.
Il piano tedesco in materia di digitalizzazione prevede investimenti nelle infrastrutture digitali, coordinati con importanti riforme dell’amministrazione digitale. Importanti, nel merito, gli investimenti da 1,5 miliardi e 750 milioni per, rispettivamente, migliorare le tecnologie di telecomunicazione e creare strutture cloud di nuova generazione, più sicure ed in grado di competere con i provider americani e cinesi. Saranno inoltre resi digitali ed automatizzati oltre 115 servizi pubblici federali e 100 regionali, attraverso lo sviluppo della piattaforma Online Access Act, con un investimento da 3 miliardi.
Sul piano macroeconomico, una sfida importante riguarda la modesta entità degli investimenti rispetto ai risparmi, in parte dovuta a ostacoli di natura legale e amministrativa; allo stesso tempo, seppur il tasso occupazionale resta alto, il mercato del lavoro tedesco svantaggia determinati gruppi (in particolare migranti sia Europei che non) e donne. Il DARP stanzia, perciò, 500 milioni per la creazione di 90mila nuovi posti negli asili nido attraverso la creazione di nuove strutture dedicate e la modernizzazione delle esistenti. Sono stanziati, inoltre, 3 miliardi per digitalizzare gli ospedali al fine di incrementarne la resilienza. Di particolare rilievo è l’insieme di riforme volte a sbloccare l’investimento pubblico, anche attraverso un programma congiunto a livello nazionale e regionale per sciogliere i nodi normativi. Queste riforme sono importanti per facilitare gli investimenti pubblici e privati, ottimizzando la resa del piano di resilienza tedesco.
Nell’insieme, oltre all’aspetto dimensionale, i piani elaborati rispettivamente dall’Italia e dalla Germania differiscono notevolmente anche nei contenuti. Da un lato l’Italia scommette sul futuro attraverso un massiccio programma di spesa e un profondo piano di riforme strutturali, capaci di produrre effetti durevoli sulla crescita economica. La Germania invece, si pone obiettivi più limitati, con una forte concentrazione delle risorse sulla transizione climatica e digitale, e con l’obiettivo più definito di affinare la capacità del sistema pubblico di veicolare gli investimenti in questi settori.
Insomma: Economie diverse, esigenze diverse, risposte diverse.