E’ molto comune leggere che la rappresentanza politica e la partecipazione siano i meccanismi essenziali dei moderni sistemi democratici, quasi fosse impossibile discernere questi due concetti da quello di democrazia per definirli separatamente. Una singola definizione per ogni concetto però esiste e la loro analisi risulta di fondamentale importanza per poter fare un raffronto tra i diversi sistemi politici e per non incorrere in errori comuni. In particolar modo, facendo fede al riferimento politico, la partecipazione va intesa come l’interesse di singoli o di gruppi a prendere parte in modo diretto alla vita politica di una comunità o di uno Stato, nelle sue forme più diverse. Come fenomeno sociale, misura il grado di attività e d’interesse dei singoli a determinare le scelte e la volontà politica della comunità.
Partecipazione in una democrazia vuol dire, in un certo senso, instaurare un’interconnessione tra governati e governanti; ciò avviene grazie alla presenza di partiti e di gruppi di interesse. Seppure i loro ruoli, in quanto entrambe organizzazioni politiche, tendono a sovrapporsi, è necessario sottolineare come ai partiti sia riservata la competizione elettorale, la gestione diretta del potere e la funzione di espressione democratica. Le modalità attraverso le quali la rappresentanza viene manifestata in maniera differente rispetto ai gruppi: i primi la esprimono attraverso le elezioni, invece i secondi attraverso la loro capacità di organizzare le opinioni, gli interessi e le istanze dell’elettorato ed di esprimerle presso il governo. D’altronde, il filosofo e politologo statunitense Robert Alan Dahl definisce la democrazia come “un regime politico caratterizzato dalla continua capacità di risposta del governo alle preferenze dei suoi cittadini, considerati politicamente eguali”.
Osservando empiricamente il sistema democratico, è possibile notare come ricorrano alcuni valori essenziali del metodo democratico: elezioni libere, nell’ambito di un sistema rappresentativo; il principio di maggioranza, il suffragio universale maschile e femminile, la presenza di cariche politiche nel processo democratico e di istituzioni democratiche autonome; il diritto di partecipazione per coloro che formano la comunità politica, il pluralismo politico e la conseguente garanzia di competizione; inoltre, in un sistema democratico sono essenziali la libertà di espressione, di associazione e di dissenso. Il carattere procedurale dei fattori citati è la garanzia di una prospettiva democratica.
Tuttavia gli strumenti della democrazia, se usati in maniera antidemocratica, possono avere un riscontro negativo sul principio democratico. Un esempio è costituito dall’evoluzione del Nationalsozialistische Arbeitspartei tedesco, che nel 1928 arrivò a poco più del 2% e invece nel 1930 era diventato il secondo partito con circa il 18%. Certamente è riduttivo e semplicistico associare la fine di un sistema democratico all’ascesa di partiti antidemocratici, in quanto la loro affermazione è sostenuta da una cornice più ampia, che racchiude molteplici fattori di instabilità. Tuttavia è possibile considerare anche questo tipo di risvolti politici come il risultato della partecipazione di un popolo figlio del suo tempo.
Ciò che si vuol far emergere da questo esempio ridotto ai minimi termini, è che è falso affermare che la partecipazione politica sia un sodalizio esclusivo della democrazia. È invece necessario trattare la partecipazione quale variabile indipendente, che assume forme diverse a seconda del contesto storico-culturale nel quale essa si sviluppa.
La partecipazione politica è infatti da ritrovare anche e soprattutto in regimi privi di democrazia e lo testimoniano esempi lampanti nel corso della storia dell’uomo moderno: i totalitarismi. Essi sono forme politiche nate e rafforzatesi grazie alla partecipazione politica delle grandi masse per la causa nazionale. Al tempo stesso, i movimenti che si sono sviluppati per loro contrasto rappresentano altra forma di partecipazione attiva nella politica del proprio paese. È paradossale, ma non è raro riscontrare un più elevato grado di partecipazione politica in regimi autocratici rispetto a quelli liberaldemocratici. Ciò che cambia in questi regimi, invece, è la prospettiva del concetto di rappresentanza. I totalitarismi non nascono come rappresentanza dei cittadini e del loro volere. I regimi totalitari, al contrario, si impongono, cavalcando spesso l’onda dei populismi e fingendo dunque di rappresentare la volontà dei cittadini. La rappresentanza in questo senso appare dunque una mera illusione e i rapporti vengono invertiti: i cittadini si sentono rappresentati perché partecipano alla vita politica, non sono i regimi a rappresentare la volontà dei cittadini, ma i cittadini che credono di essere rappresentati.
Contrariamente ai suddetti regimi totalitari, quelli autocratici moderni hanno nascosto le loro simpatie illiberali dietro all’establishment e all’utilizzo di istituzioni formali democratiche, riuscendo così a controllare i centri del potere e i principali flussi finanziari. In Russia e in Bielorussia per esempio è presente un tipo di autoritarismo esplicito, in cui la politica patronale sottomette tutti i rami del governo e le amministrazioni centrali e locali a un unico centro di potere; in Ucraina si individua un autoritarismo competitivo, a causa della molteplicità dei gruppi informali che concorrono tra di loro verso la costruzione di una propria “verticale di potere”; Ungheria e Polonia sono i classici esempi della democrazia illiberale conservatrice, in cui la democrazia rappresenta il governo della maggioranza ma non quello della legge.
Nel mondo moderno, sotto spinta degli Stati Uniti e dalla quasi totalità dei Paesi europei occidentali, la democrazia liberale si è affermata e imposta come la migliore forma di governo. Tuttavia, questo non ha impedito la nascita e lo sviluppo di governi autoritari e illiberali, soprattutto nei paesi post-sovietici, provocando stupore e timore per i paesi dell’Europa occidentale.
Anche nel mondo occidentale, tuttavia, il forte conservatorismo di alcune élite politiche, mina alla democrazia seppur in maniera diversa da quella dei regimi totalitari o autocratici. Non ci si riferisce alla limitazione o privazione di libertà fondamentali in senso stretto, bensì più a una forma di poca partecipazione dei cittadini nella loro eterogeneità e scarsa considerazione dei loro bisogni. Sicuramente le cause risiedono nella logica della globalizzazione e del capitalismo, che negli anni hanno contribuito ad aumentare disparità sociali ed economiche, privilegiando una stretta cerchia di cittadini.
La parte restante si trova dunque in una situazione di scarsa rappresentanza ed è qui che la partecipazione deve attivarsi. Le riflessioni in merito a globalizzazione e capitalismo si fermano qui, non volendo essere questo il focus del presente elaborato.
Da queste considerazioni emerge chiaramente la fragilità del sistema democratico, la difficoltà nella sua affermazione, come ci insegna la storia, e ancor di più nel suo mantenimento, come possiamo osservare oggi. Inoltre, è essenziale tenere a mente che la partecipazione non è automaticamente sintomo di democrazia, in quanto occorre comprendere in che termini e modalità tale partecipazione si sviluppa e trova sostegno in un determinato regime politico.
Le Ancore della Democrazia, R. Pezzimenti, Rubbettino Editore, 2020
Capire la politica, P. Grilli di Cortona, O. Lanza, B. Pisciotta, L. Germano, UTET, 2020