Qual è la vostra #Ohrwurm?

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Sostantivo maschile tedesco, der Ohrwurm è formato dalle parole das Ohr, l’orecchio, e der Wurm, il verme. Si tratterà, forse, di un verme all’interno dell’orecchio? Metaforicamente parlando, sì. Ma scopriamo qualcosa in più.

Il passato e il presente della parola Ohrwurm

Adottato come parola in prestito dall’inglese earworm, il Duden fa risalire l’Ohrwurm al periodo del Mittelhochdeutsch e lo definisce una “canzone, hit, hit molto orecchiabile, memorabile”, derivata dagli insetti con lo stesso nome, che, secondo la credenza popolare, “amano strisciare nelle orecchie”. Pare che i primi utilizzi, volti a identificare una melodia, un “successo di successo, perché trapana nell’orecchio”[1], risalgano al compositore di operette tedesco Paul Lincke (1866-1946).

In realtà, non ci allontaniamo molto dal tedesco moderno, in cui il termine ha un utilizzo colloquiale, gergale, e viene impiegato per descrivere quei brani musicali accattivanti, “memorabili” appunto, che l’ascoltatore ricorderà per un periodo di tempo più lungo rispetto ad altri. Esattamente come le hit estive!

Anche dietro ad una semplice hit estiva, c’è la scienza a farla da padrona!

Si è scoperto, infatti, che la probabilità che l’ascoltatore riesca a fissare nella propria mente l’Ohrwurm, la melodia accattivante, derivi dalla propria working memory (memoria di lavoro), ossia dall’abilità di conservare nella mente e, contemporaneamente, manipolare le informazioni.

Quando andiamo al lavoro in macchina e accendiamo la radio o in metro con le nostre cuffiette e YouTube, l’Ohrwurm si verifica con maggiore intensità: i documenti di psicologia[2], infatti, spiegano che la melodia si fissi maggiormente e con più facilità quando la memoria di lavoro non è molto occupata.

Piccoli consigli per liberarsene

Ma come eliminare questo motivetto nella testa che, a volte, ci impedisce persino di pensare senza canticchiarlo? Non preoccupatevi, è più semplice di quanto si immagini. Esistono ben due possibilità. Potete leggere un libro emozionante o fare una partita a scacchi: nello specifico, basterà semplicemente aumentare l’utilizzo della memoria di lavoro con un qualsiasi rompicapo o passatempo, a patto ovviamente che non sia qualcosa di troppo complesso, altrimenti non otterrete il risultato sperato, ma, al contrario, l’esatto opposto. L’altra possibilità, in realtà, è molto logica: l’attivazione puramente meccanica, senza contenuto, degli organi del parlato: sarà, quindi, sufficiente masticare un chewing gum. A voi la scelta, dunque!


[1]                Sul punto, Kurt Krüger-Lorenzen: Aus der Pistole geschossen. Wien, Econ Verlag, 1966, S. 172. Susanne Wagner, Thomas Spillmann: Augenblicke für das Ohr: der Mensch und sein Gehör. Rüffer&Rub Sachbuchverlag, 2004, S. 143.

[2]                Sul punto, Ira E. Hyman, Naomi K. Burland, Hollyann M. Duskin, Megan C. Cook, Christina M. Roy, Jessie C. McGrath, Rebecca F. Roundhill: Going Gaga: Investigating, Creating, and Manipulating the Song Stuck in My Head. In: Applied Cognitive Psychology. 27, 2013, S. 204–215. Richard Gray: Get that tune out of your head – scientists find how to get rid of earworms. In: The Daily Telegraph, 24. März 2013. Abgerufen am 25. März 2013.

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