Lo scorso 17 marzo sono stati celebrati i 67 anni dalla firma dei Trattati di Roma, istitutivi della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica. Questi trattati sono considerati l’atto di nascita della grande famiglia europea, divenuta nel 1993 Unione Europea. Essa rappresenta la realizzazione di quello che nel secondo dopoguerra era solo un sogno auspicato dai grandi padri fondatori, protagonisti della ricostruzione del continente. Oggi l’Unione Europea ha compiuto tanti passi avanti raggiungendo una grande coesione statuale, emergendo come potenza economica e soprattutto promuovendo l’esportazione dei valori democratici attraverso la propria espansione. Tuttavia, i risultati raggiunti non sembrano essere ancora abbastanza per far fronte alle nuove sfide poste dalla comunità internazionale, in continua trasformazione ed evoluzione. A tal proposito, non solo sono emersi nuovi attori politici ed economici che dominano la scena internazionale ponendo l’UE in una posizione secondaria, ma altrettante nuove minacce. Tra queste la guerra russo-ucraina, che richiede una coesione maggiore, l’aumento della capacità decisionale, il rafforzamento dei settori quali la difesa e la protezione comune e l’esigenza di ridurre la dipendenza energetica. Tutto ciò dovrà essere realizzato dalla futura classe dirigente che emergerà alle elezioni di giugno e che gestirà le politiche dell’UE per i prossimi cinque anni. Una delle questioni più urgenti è proprio quella della difesa, sulla quale si dibatte se creare o meno una forza d’attacco propria dell’Unione, così da ridurre la dipendenza dall’Alleanza Nord Atlantica. Il problema è emerso anche a seguito della possibile rielezione di Trump a guida degli Stati Uniti ed un ritorno alla politica protezionistica. Proprio la crisi russo-ucraina rende improrogabile la questione difensiva, tanto per un possibile allargamento del conflitto, quanto per ciò che ha comportato nelle relazioni UE-Russia, da sempre altalenanti ma fondamentali per la sicurezza dell’Unione. In questa sede, dunque, prenderemo in analisi lo sviluppo delle relazioni attraverso un excursus storico soffermandoci sui punti di rottura che hanno incrinato i rapporti bilaterali rendendoli tutt’oggi instabili.
La caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989 rappresenta la fine simbolica della guerra fredda, con la sconfitta dell’Unione Sovietica e la sua conseguente dissoluzione. A partire da questo momento, in Europa orientale abbiamo assistito alla creazione di Stati indipendenti nazionali, tra cui il 25 dicembre 1991, la fondazione della Federazione Russa. Di contro, quasi contemporaneamente, nella parte occidentale del continente, la Comunità Europea rafforzava la propria unione con l’istituzione nel 1992 del Trattato di Maastricht, trattato fondativo dell’Unione Europea così come la conosciamo oggi.
Questa trasformazione istituzionale ha portato con sé una necessaria evoluzione delle relazioni estere. A tal proposito, l’Unione Europea ha attuato una politica di espansione dei valori liberali e democratici proprio verso quegli Stati allora nascenti. Con la Russia, questo si è tradotto nell’Accordo di Partenariato e Cooperazione[i] del 1994, entrato in vigore nel 1997, per lo sviluppo di relazioni tra Unione Europea e Federazione Russa. Nello specifico, sono stati creati quattro spazi di cooperazione comuni: economico; di sicurezza, giustizia e libertà; di sicurezza esterna; di educazione e ricerca. Tuttavia, la Russia non sembrava intenzionata a adeguarsi agli standard europei, per cui alla sua scadenza nel 2007 entrambe le parti sono giunte alla conclusione che l’APC non fosse più adatto. Ad influire vi è stata la progressiva espansione dell’Unione Europea verso Est, tra cui quella del 2004 che ha visto diventare Stati membri alcuni degli ex Stati satellite dell’Unione sovietica. Hanno aderito all’UE: l’isola di Cipro, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, l’isola di Malta, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria. Si tratta dell’allargamento più grande in termini di persone e numero di paesi.
All’indomani della scadenza dell’APC, data la sua inadeguatezza, l’Unione europea e la Russia avrebbero dovuto negoziare un nuovo accordo le cui trattative, però, sono state interrotte dall’invasione della Georgia da parte della Russia nell’agosto del 2008. Sebbene l’intervento in Georgia sia stato presentato come un’operazione di peace-enforcement, il reale motivo era il timore dell’espansione democratica, a seguito della possibilità georgiana di entrare nell’Unione Europea e nella NATO.
Nello stesso anno, anche l’Ucraina si avvicinava all’Occidente: era stato annunciato che sarebbe stato firmato un Accordo di Associazione tra Ucraina e Unione europea. In questo contesto, l’Unione europea si dichiarava disposta alla ratifica del trattato in cambio del soddisfacimento di alcune richieste riguardanti l’ex primo ministro ucraino Yulia Timoshenko. Nel 2012, sotto la presidenza di Viktor Yanukovych, il Partito Popolare Europeo ha richiesto l’immediata liberazione dell’ex primo ministro e di altri prigionieri politici per la ratifica. Sebbene nel settembre del 2013 l’Ucraina si stesse apprestando a concludere l’Accordo, meno di tre mesi dopo un decreto del governo ucraino ha sospeso i preparativi per la firma, causando così delle manifestazioni filoeuropee in piazza Maidan a Kiev. In opposizione a ciò, alcuni abitanti delle regioni prevalentemente russofone del Sud e dell’Est dell’Ucraina hanno iniziato a manifestare in favore di stretti legami con la Russia. La Russia, perciò, ha inviato in Crimea proprie truppe prive di insegne a prendere il controllo del governo locale, senza dichiararlo pubblicamente, o meglio, negandolo. L’11 marzo, il Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea e il Consiglio Comunale di Sebastopoli hanno espresso l’intenzione di formare uno Stato sovrano avente il nome di Repubblica di Crimea, da ultimo incorporato nella Federazione Russa a seguito di esito positivo del referendum. A partire da allora, a causa dell’annessione illegale della Crimea e del sostegno ai gruppi separatisti nell’Ucraina orientale, i legami tra l’UE e la Russia sono stati compromessi. Possiamo pertanto definire questo come il punto di rottura dal quale ne consegue un decrescendo nelle relazioni UE-Russia[ii].
Cosa ha comportato un cambio di rotta nei rapporti bilaterali tra i due paesi? Senza dubbio, a partire dal 2007-2008, le politiche di cooperazione e apertura nei confronti dei paesi occidentali adottate dal presidente russo Vladimir Putin hanno subito una brusca inversione. Ciò che ha motivato e motiva tuttora il presidente è la necessità di mantenere la sicurezza nazionale proteggendosi dal “nemico occidentale”. In altri termini, Putin addita la responsabilità delle proprie decisioni in politica estera all’espansionismo e all’allargamento non solo dell’Unione Europea, ma ancor più della NATO. Più volte, infatti, l’avvicinamento dell’Occidente all’Europa orientale è stato sentito come una minaccia e denunciato come tale. Ebbene, nonostante si possa argomentare in tal senso, non bisogna accontentarsi di quest’unica spiegazione che sembra quasi “giustificare” l’aggressività russa. Ancor più che la minaccia percepita di accerchiamento, ciò che sembra aver intimorito il Cremlino è il contagio democratico. Con questo ci si riferisce alla possibilità che paesi confinanti con il territorio russo possano istituire governi democratici e possano esportare tali valori all’interno della Federazione, minando così il governo autoritario stabilito. A ciò inevitabilmente si mescola l’innato e storicamente preesistente imperialismo russo, che vede la necessità di riportare la Federazione Russa alla sua grandiosità, non tanto in riferimento al periodo sovietico, ma piuttosto all’impero zarista di Pietro il Grande. La decisione di adottare una politica estera aggressiva, dunque, deriverebbe dalla debolezza in senso di capacità possedute e da un senso di grandezza insoddisfatto. La prospettiva che la Russia possa perdere la propria influenza e il proprio controllo sui paesi dell’ex blocco sovietico spaventa Mosca. D’altro canto, il sostegno alla democrazia e al rispetto dei diritti umani in tutto il mondo costituisce una priorità per l’Unione Europea. A questo obiettivo è strettamente connessa la Politica Europea di Vicinato (PEV)[iii] che regola i rapporti dell’UE con i paesi più vicini dell’Europa orientale e meridionale al fine di una stabilizzazione della regione in termini politici, economici e di sicurezza. Particolarmente interessante in questo senso risulta il Partenariato Orientale che intende rafforzare le relazioni fra l’UE e sei paesi vicini orientali: l’Armenia, l’Azerbaigian, la Bielorussia, la Georgia, la Moldavia e l’Ucraina[iv].
È questo il contesto nel quale possiamo inserire l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia con la decisione di intraprendere un’operazione militare speciale, avviata il 24 febbraio 2022. Sin dal raggiungimento della sua indipendenza, l’Ucraina è stata propensa ad un avvicinamento al mondo occidentale con l’espressa volontà di far parte sia dell’Unione Europea che dell’Alleanza Nord Atlantica. Tuttavia, nel paese non sono mai stati presenti i presupposti per far si che ciò potesse avvenire: non vi era stabilità democratica. Gli ostacoli posti all’evoluzione in senso democratico e liberale del paese sono stati spesso legati ai rapporti che esso intratteneva con la Russia. Quest’ultima, intrisa del suo imperialismo, ha sempre ritenuto di avere una speciale influenza sul mondo ucraino, così come sostenuto nel discorso tenuto dal presidente russo prima dell’invasione. L’aggressione, pertanto, non si presenta solo come un atto indiscriminato contro il popolo ucraino, ma assume la forma di una sfida che la Federazione Russa pone all’Occidente in generale, e all’Unione Europea in particolare. Così facendo ha messo in pericolo i confini di quest’ultima pur di dimostrare fino a che punto si è disposti ad arrivare per affermare la propria potenza e influenza. Di conseguenza, nel marzo 2022, l’UE ha adottato la sua Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, affermando che la Russia rappresenta “una minaccia diretta e a lungo termine per la sicurezza europea”[v]. A causa dell’annessione illegale della Crimea del 2014 i rapporti bilaterali tra i due paesi cominciavano ad incrinarsi, per cui molti dialoghi politici e meccanismi di cooperazione vennero congelati e vennero adottate misure restrittive. Nonostante ciò, i due continuavano ad essere partner commerciali fondamentali l’uno per l’altro, soprattutto in ambito energetico nel quale la Federazione Russa svolgeva il ruolo di fornitore di gas per eccellenza dell’UE. A seguito dell’invasione del 2022, invece, l’UE ha sospeso tutti i rimanenti programmi di cooperazione con la Russia, ampliando inoltre il suo pacchetto di sanzioni contro di essa. Le misure mirano ad indebolire la capacità di Mosca di finanziare la guerra, mantenendo solido il sostegno dell’Unione all’Ucraina. Dal 23 febbraio 2022, l’Unione Europea ha adottato ben tredici pacchetti di sanzioni che mirano a debilitare la base economica della Russia privandola di tecnologie e mercati critici. “Le misure, in continuo aggiornamento, riguardano l’export di beni e servizi strategici, l’assistenza tecnica e finanziaria, il congelamento di beni e il divieto di ingresso nell’UE di una serie di persone fisiche e giuridiche, il blocco dello spazio aereo e delle riserve internazionali della Banca centrale russa e, da ultimo, l’esclusione di alcune banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali Swift”[vi]; queste sono state applicate a 1706 persone e 419 entità. Ad ogni modo, le sanzioni dell’Unione Europea riguardano solo il commercio bilaterale, non il commercio internazionale.
Un’ulteriore questione che preoccupa gli eurodeputati, anch’essa strettamente connessa al conflitto russo-ucraino e al sostegno dimostrato dall’UE all’Ucraina, è l’ingerenza straniera nei processi democratici e la disinformazione[vii]. L’Unione Europea, a tal proposito, ha sospeso le trasmissioni e le licenze di vari organi di informazione, o meglio di disinformazione, sostenuti dal Cremlino[viii]. Questi venivano utilizzati dal governo russo come strumenti per la manipolazione informativa e per la promozione della disinformazione sull’invasione dell’Ucraina, oltre che come strumenti di propaganda finalizzata a destabilizzare non solo i paesi confinanti con la Russia, ma anche l’UE e i suoi membri. Ci si riferisce in particolare all’agenzia Sputnik[ix] e alle 5 sedi europee di RT (ex Russia Today)[x], principali megafoni internazionali della propaganda del Cremlino che supportavano attivamente l’aggressione russa. Ciò dimostra come anche le informazioni possano diventare strumenti di aggressione. La battaglia dell’informazione intrapresa da Mosca rappresenta un vero e proprio attacco celato alla stabilità democratica europea. Essa assume un carattere ancora più minaccioso se si pensa alle imminenti elezioni europee che nomineranno la futura classe dirigente. Difatti, in una risoluzione adottata a febbraio del 2024, il Parlamento europeo ha denunciato la presenza di politici eletti e partiti politici in Europa che consapevolmente servono gli interessi russi, compromettendo l’unità e la democrazia dell’UE. La Russia sembrerebbe sostenere partiti e attori di estrema destra in tutta l’UE al fine di sovvertire il sostegno all’Ucraina. È stato evidenziato come il Cremlino abbia reclutato alcuni deputati europei come “agenti di influenza” (caso della deputata lettone Tatjana Ždanoka)[xi], dividendo così l’opinione dei cittadini europei. Inoltre, la Russia ha creato un rapporto di dipendenza con alcuni partiti politici tramite l’erogazione di finanziamenti (e non solo) i quali agiscono per la propaganda russa e servono gli interessi del paese. Nella Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 febbraio 2024[xii] sul Russiagate, oltre la grande indignazione per le rivelazioni sui finanziamenti russi a favore di partiti ed esponenti politici, è stata espressa particolare preoccupazione per la vicinanza con i partiti di estrema destra in diversi paesi dell’UE, soprattutto in Germania e in Francia. Allarmanti in questo senso sono i risultati dei sondaggi elettorali condotti finora, i quali mostrano che il prossimo Parlamento Europeo potrebbe essere decisamente più spostato a destra rispetto al passato. La prospettiva di una presenza consistente di forze sovraniste spaventa i più fedeli sostenitori dell’Unione Europea così come era stata immaginata dai suoi fondatori, rappresentando una vera e propria minaccia ai valori fondamentali sui quali si basa l’istituzione.
Ad ogni modo, indipendentemente dall’esito delle imminenti elezioni, è necessario che l’UE faccia ulteriori passi avanti nella coesione degli Stati membri e nei processi decisionali. In particolare, sarebbe opportuno rafforzare e promuovere un maggiore spirito comunitario nei settori della difesa e della protezione comune attraverso la cooperazione tra gli eserciti nazionali e tra le industrie militari dei diversi paesi. Parlare di un esercito europeo comune potrebbe risultare ad oggi prematuro, in quanto presupporrebbe un livello di coesione politica attualmente assente. Questo si traduce nella mancanza di una politica estera comune. Ciò è evidente anche nella poca unione degli Stati relativamente al tema dell’allargamento; ad esempio, alcuni paesi, come la Francia, ritengono che prima di procedere ad accettare altri membri sia necessaria la coesione di quelli già presenti. In questo modo, alcuni Stati sono rimasti in un limbo molto pericoloso, esposti all’influenza di potenze aggressive come la Russia. In fin dei conti si sa, in politica c’è sempre qualcuno pronto a riempire i vuoti.
Nonostante sia impossibile fare previsioni certe del futuro e dell’evoluzione delle dinamiche attuali, è possibile rifarsi alle lezioni che la storia ci ha insegnato. In tal senso, possiamo dire che rischieremo di trovarci di fronte ad una nuova Monaco, una delle analogie più spesso menzionate nelle relazioni internazionali. Quella a cui si fa riferimento è la Conferenza di Monaco, apoteosi della politica di appeasement promossa dalla Gran Bretagna, e sostenuta dalla Francia, nel vano tentativo di fermare il revisionismo hitleriano attraverso concessioni. Ebbene, le vicende che ne sono seguite hanno dimostrato che chiunque abbia intenti aggressivi non è disposto a fermarsi. È stato infatti ipotizzato che se si fosse mostrata una maggiore risolutezza si sarebbe probabilmente evitata la Seconda guerra mondiale.
La storia ci insegna, pertanto, che la determinazione e la coesione delle democrazie possono essere fondamentali nel contenere le minacce autoritarie e nel promuovere la pace e la stabilità nel mondo. Da qui ne derivano i principi e i valori dell’Unione Europea: libertà, democrazia, uguaglianza, promozione della pace e della stabilità.
Non va dimenticato, però, che la Russia rappresenta un nodo cruciale nel tessuto geopolitico ed economico dell’Europa e del mondo. Gli ambiti di collaborazione sono in effetti molteplici: dall’energia alla cooperazione internazionale, senza dimenticare la sicurezza e il commercio. Dunque, non dimentichiamo che mantenere una relazione stabile e collaborativa con la Russia è essenziale per garantire la sicurezza, la prosperità e la stabilità dell’Unione Europea.
[i] https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/fiches_techniques/2017/N54329/doc_it.pdf
[ii] https://www.europarl.europa.eu/topics/it/article/20210128STO96606/quali-sono-le-cause-dei-difficili-rapporti-tra-ue-e-russia
[iii] https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/170/politica-europea-di-vicinato
[iv] https://leg16.camera.it/561?appro=905&Partenariato+orientale
[v] https://www.eeas.europa.eu/sites/default/files/documents/strategic_compass_en3_web.pdf
[vi] https://www.confindustria.it/home/crisi-ucraina/sanzioni
[vii] https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20240202IPR17323/il-parlamento-condanna-i-continui-sforzi-russi-per-minare-la-democrazia-in-ue
[viii] https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/popups/summary.do?id=1696807&t=e&l=it
[ix] agenzia di stampa, sito di notizie e emittente radiofonica russa governativa con sede a Mosca ma con uffici editoriali regionali a Washington, Cairo, Pechino, Londra, Edimburgo.
[x] canale televisivo russo, diffuso a livello mondiale
[xi] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2024-0079_IT.html
[xii] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2024-0079_IT.html