Il 17 ottobre del 2019, il Regno Unito e l’Unione Europea (UE) hanno raggiunto un’intesa sulla Brexit. Dopo diverse trattative, infatti, viene approvato l’accordo di recesso contenente un nuovo protocollo sull’Irlanda del Nord.
I PASSI VERSO BREXIT
Secondo i dati, già nel 2010 l’opinione pubblica britannica era indecisa se rimanere o lasciare l’Unione Europea. Con lo svilupparsi dell’euroscetticismo a partire dal 2011, dovuto a diversi fattori, anche nel Regno Unito iniziò a crescere sempre più insistentemente l’idea di uscire dal progetto UE.
La Brexit[1], ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, iniziò il 23 giugno 2016, a seguito del referendum[2], non vincolante, che aveva lo scopo di verificare il sostegno a favore della permanenza nell’UE. Il referendum si concluse con voto favorevole all’uscita.
Il 29 marzo del 2017 l’ambasciatore britannico presso l’UE, Tim Barrow, consegnò al Presidente del Consiglio europeo allora in carica, Donald Tusk, la notifica di recesso ai sensi dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, firmata dal Primo Ministro di quel periodo, Theresa May, e questo segnò l’inizio dell’iter formale di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
L’ARTICOLO 5O DEL TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA
L’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) fissa la procedura applicabile in caso di recesso dall’UE. Introdotta all’interno del TUE nel 2007, la norma prevede che lo Stato membro interessato notifichi la propria intenzione di recedere dall’Unione al Consiglio europeo. Non è prevista una forma particolare di notifica. Dopo l’attivazione dell’articolo 50, dev’essere negoziato l’accordo di recesso conformemente all’articolo 218, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
LA BREXIT E L’ACCORDO DI RECESSO
Dopo diverse trattative il 17 ottobre del 2019, il Governo britannico e l’UE hanno concluso un accordo sulle modalità del recesso, giungendo anche ad un’intensa sulla questione dell’Irlanda del Nord.
Quest’ultima rappresenta una delle criticità centrali e più delicate dei negoziati fra UE e Regno Unito, poiché l’imposizione di un confine fisico tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda indipendente e parte dell’UE potrebbe portare al sorgere di vecchi dissapori o idee di indipendenza da parte dell’Irlanda del Nord nei confronti del Regno Unito.
Il successivo 22 ottobre, il Parlamento britannico ha approvato l’accordo in prima lettura, ma ha respinto la proposta del governo di esaminare e giungere ad un’approvazione del testo entro 3 giorni, compromettendo il rispetto della scadenza del 31 ottobre e costringendo il Regno Unito, attraverso il “Benn Act”[3], a chiedere una terza proroga sulla Brexit.
L’accordo di recesso, approvato il 17 ottobre del 2019, è entrato in vigore il 1º febbraio 2020 e si compone di due documenti principali[4]:
- L’accordo di recesso, compreso un protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord
- Una dichiarazione politica che definisce il quadro del futuro partenariato UE-Regno Unito
COSA CAMBIA CON L’ACCORDO BREXIT
Passaporto: dal 1° febbraio 2020, formalmente il Regno Unito non fa più parte dell’area di libera circolazione di persone e merci. Va sottolineato che si tratta di un Paese che non ha mai aderito alla Convenzione di Schengen e, dunque, era sempre necessario il controllo di documenti di identità in partenza e in arrivo.
Fino al 1° febbraio si poteva, però, entrare nello Stato con la Carta di Identità idonea all’espatrio. Per il 2020, periodo di transizione, la Carta di Identità verrà ancora accettata. Dal 2021, invece, per entrare nel Paese, a qualsiasi titolo, occorrerà avere un passaporto.
Visto: dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito diverrà uno Stato terzo a tutti gli effetti, come lo sono gli Stati Uniti. Trasferirsi o emigrare a Londra, per periodi superiori ai 3 o 6 mesi, sarà lo stesso che trasferirsi a New York e, dunque, sarà necessario un visto, per vivere e lavorare nel Paese, a meno che le trattative con l’Unione Europea nel corso di quest’anno non modifichino le regole.
Per esempio, per andare in vacanza nel Regno Unito dal 2021 occorrerà un visto turistico. Saranno, tuttavia, visti facilitati e si otterranno online, come accade oggi per molti Paesi non appartenenti all’UE stranieri (per es. l’ESTA degli Stati Uniti).
Moneta: il Regno Unito, pur facendo parte dell’Unione Europea, ha mantenuto la sterlina. In molti posti turistici, però, era ammessa anche la valuta europea. Dal 1° febbraio 2020 questo non è più possibile. Vengono accettate solo le sterline.
Studenti: ogni anno migliaia di studenti appartenenti all’UE, grazie anche a diversi accordi, andavano a studiare nel Regno Unito. Con il nuovo accordo, dal 2021 occorrerà per loro un documento d’ingresso.
Anche il programma Erasmus di scambio universitario tra gli Stati membri dell’Unione Europea subirà delle modifiche, sebbene il Governo britannico abbia garantito la presenza di sistemi alternativi di scambi tra università.
Merci: il Regno Unito è un importatore totale. Compra tantissimi beni dall’Europa e vende poco all’estero. Cibo, abbigliamento, arredamenti, macchinari e veicoli europei che, oggi, si trovano in abbondanza e che sono importati, dal 1° febbraio dovranno passare una dogana e potrebbero dover pure pagare dei dazi.
Questo rappresenta un altro degli argomenti più spinosi della trattativa commerciale UE-Regno Unito.
UN ANNO DOPO L’ACCORDO
Ad un anno dall’accordo di recesso, le trattative per l’uscita e per una definizione concreta delle relazioni commerciali da applicare alla fine del periodo di transizione sono ancora in corso.
Le questioni aperte sono ancora molte: a queste, di recente, si è aggiunta la dichiarazione del Premier scozzese che – come quello irlandese – ha palesato l’ipotesi di un nuovo referendum in caso di “no deal”, ossia di uscita dall’UE senza accordo.
L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere l’indipendenza[5]dal Regno Unito, in quanto anche in Scozia, come nell’Irlanda del Nord, aveva vinto il “Remain”[6].
Il Parlamento scozzese aveva già progettato una nuova richiesta che, però, è stata bloccata dalla pandemia Covid-19 che ha rimandato a fine emergenza la questione[7].
PROSPETTIVE
Come possiamo comprendere, il “divorzio” – così come definito da molti – tra il Regno Unito e l’Unione Europea si è fatto complesso dagli esiti sono molto incerti, con la pandemia Covid-19 che non ha aiutato da questo punto di vista.
Di recente, la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora al Regno Unito per aver violato i suoi obblighi ai sensi dell’accordo di recesso. Il fatto contestato riguarda una legge sul mercato interno, approvata il 9 settembre 2020, dal Parlamento britannico.
La situazione è ancora molto complessa, anche se entrambe le parti hanno dichiarato che entro il mese di ottobre, salvo rinvii che il Governo britannico ha più volte scartato, dovrà essere raggiunto un accordo fra UE e Regno Unito sul trattato di libero scambio che regolerà i rapporti commerciali fra le due aree a partire dalla fine del periodo di transizione fissata al 31 dicembre 2020. Una data che si sta avvicinando e che sarà l’ultima disponibile per trovare un accordo.
Il capo negoziatore dell’Unione Europea, Michel Barnier, e quello britannico, David Frost, avrebbero pattuito che, se entro ottobre non si troverà un accordo più ampio, i contatti continueranno a sussistere. Nonostante dunque le tensioni, gli interessi in gioco portano ancora a credere che “l’accordo è ancora possibile”, come anche sostenuto dal Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
[1] https://www.bbc.co.uk/newsround/50166269
[2] https://publications.parliament.uk/pa/bills/cbill/2015-2016/0002/cbill_2015-20160002_en_2.htm#pb1-l1g5
[3] https://www.ice.it/it/mercati/regno-unito/boris-johnson-puo-aggirare-il-benn-act
[4] https://ec.europa.eu/info/european-union-and-united-kingdom-forging-new-partnership/eu-uk-withdrawal-agreement_it
[5] https://24plus.ilsole24ore.com/art/regno-unito-cosi-pandemia-rafforza-voglia-d-indipendenza-scozia-ADJWn1f
[6] https://www.gov.scot/brexit/
[7] https://www.instituteforgovernment.org.uk/explainers/second-referendum-scottish-independence