Un diritto di iniziativa per il Parlamento europeo – Una proposta per ridurre il deficit democratico dell’UE?

Nel giugno 2022, un’ampia maggioranza di eurodeputati ha votato a favore della proposta volta ad attribuire a questa Istituzione un proprio diritto di iniziativa. Si tratta del diritto di elaborare proposte di atti di diritto derivato dell’UE e di introdurre l’iter legislativo. A differenza dei parlamenti nazionali dei Paesi membri dell’UE, il Parlamento europeo presenta un’eccezione: l’art. 294 (2) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), infatti, prevede che, tra le istituzioni dell’UE, solo la Commissione europea abbia il diritto di iniziativa. 

Secondo l’art. 225 TFUE, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea possono solo chiedere alla Commissione di adottare misure legislative su una questione specifica. Un diritto simile è conferito anche al Consiglio dell’UE (art. 241 TFUE) – composto da rappresentanze dei governi nazionali – e, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, anche ad un milione di cittadini, nel contesto di un’iniziativa dei cittadini europei, di cui all’ art. 11 (4) Trattato sull’Unione Europea (TUE). In questi tre casi, si tratta di un diritto di iniziativa indiretto, che non obbliga la Commissione a rispondere effettivamente all’appello. Secondo l’art. 225 del TFUE, la Commissione deve solo comunicare le ragioni per cui non avvia una procedura legislativa. Pertanto, un elemento di criticità, che differenzia il Parlamento europeo dai Parlamenti nazionali, è rappresentato dal fatto che questo non può avviare l’iter legislativo. Pertanto, sembra non presentare le caratteristiche di un vero e proprio Parlamento, seppur direttamente eletto dai cittadini.

Il monopolio d’iniziativa della Commissione europea può essere ricondotto al fatto che, nei primi anni dell’integrazione europea, l’Assemblea Parlamentare – poi divenuta Parlamento europeo, con l’Atto Unico Europeo – non fosse ancora eletta direttamente dai cittadini.  Inoltre, non aveva voce in capitolo nel processo legislativo europeo. La Commissione europea ha concentrato il suo lavoro per non sovraccaricare l’agenda politica europea con una moltitudine di proposte concorrenti. Le considerazioni relative al deficit democratico, che sono fortemente enfatizzate nel dibattito odierno, non svolgevano allora un ruolo centrale.

Quali sono le ragioni del diritto di iniziativa legislativa?

L’espansione della competenza legislativa europea e il suo maggiore impatto sulla vita quotidiana dei cittadini dell’UE conducono all’esigenza di ridurre il deficit democratico dell’Unione. I sostenitori della concessione del diritto d’iniziativa in capo al Parlamento europeo sostengono inoltre che tale istituzione sia l’unica che possieda una particolare legittimazione democratica, in quanto i suoi membri sono eletti direttamente dai cittadini dell’UE dal 1979. Pertanto, il Parlamento ha una base di legittimazione più solida, perché rappresenta gli interessi paneuropei dei cittadini dell’UE più adeguatamente rispetto alla Commissione.

Gli stessi sostenitori del diritto di iniziativa in capo al Parlamento europeo si aspettano anche che tale Istituzione possa controllare meglio l’Agenda politica dell’UE. Finora, infatti, i partiti si presentano alle elezioni europee con programmi di cui non possono garantire la realizzazione in Parlamento, perché la Commissione può rifiutarsi di dare seguito alle proposte legislative. Questo, a sua volta, danneggia la credibilità politica dei partiti in campagna elettorale e rende più difficile un serio dibattito democratico sulle alternative politiche. Con il diritto di iniziativa parlamentare, i partiti nazionali che partecipano alle elezioni e che, successivamente, confluiscono nei gruppi politici del Parlamento europeo, otterrebbero anche una maggiore visibilità pubblica e potrebbero aumentare la rilevanza delle elezioni europee quale strumento di democrazia.

Quali sono le critiche?

Una delle criticità che occorre rilevare è relativa al fatto che, anche qualora il Parlamento europeo, di cui David Sassoli è stato Presidente dal 2019 al 2022, potesse avviare una procedura legislativa, dovrebbe comunque concordare una versione comune con il Consiglio dell’UE. Tuttavia, per portare a conclusione l’iter legislativo il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE devono concordare una versione comune. La proposta legislativa sarebbe bocciata se il Consiglio dell’UE rifiutasse di dare il proprio consenso. Pertanto, nell’ambito di un processo di riforma europea, bisognerà certamente valutare anche come una riforma possa migliorare la cooperazione e il processo decisionale tra Parlamento e Consiglio.

Un altro problema è che nella procedura legislativa ordinaria non ci sono limiti di tempo per la prima lettura nell’ambito del Consiglio dell’UE. Di conseguenza, l’effetto sperato di dare al Parlamento europeo una maggiore visibilità democratica rischierebbe di diventare una politica simbolica. Nel quadro di un processo di riforma europea, l’intero iter legislativo ordinario – in particolare l’art. 294 (4) TFUE – dovrebbe quindi essere riformato: Il Consiglio dell’UE dovrebbe avere un termine entro il quale pronunciarsi in merito all’iniziativa legislativa esercitata dal Parlamento.

Un argomento a favore della riserva del diritto di iniziativa in capo alla Commissione europea è di natura pragmatica: a differenza del Parlamento, la Commissione dispone di un apparato amministrativo più ampio. Pertanto, ha anche una maggiore capacità di formulare proposte di atti vincolanti e una maggiore esperienza su ciò che deve essere preso in considerazione per una loro corretta attuazione. Per queste ragioni, si potrebbe sostenere che sia ancora utile che, in futuro, sia ancora la Commissione europea a redigere principalmente la legislazione.

E ora che si fa?

La presa di posizione del Parlamento europeo del 2022 ha aperto le porte per una riforma di notevole impatto destinata a comportare una modifica dei Trattati istitutivi. Tuttavia, la decisione spetta principalmente ai singoli Stati membri. Infatti, secondo l’art. 48 (4) TUE, le modifiche entrano in vigore solo quando sono state ratificate da tutti gli Stati membri.

Inoltre, si potrebbe riflettere sull’avvio di un processo che comporti una crescente democratizzazione, oltre che del Parlamento europeo, anche della Commissione europea. Finora i suoi membri non sono nominati dai partiti di maggioranza del Parlamento o da un principio di candidatura, ma sono proprio gli Stati membri a proporre i commissari. Il Parlamento europeo ha, poi, solo il diritto di esprimere un parere conforme sulla composizione della Commissione. La democratizzazione di questa Istituzione, quindi, rappresenta un potenziale ancora maggiore per ridurre il divario ancora sussistente tra i cittadini europei e l’Unione.

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